Tra testo e officina. Lucio Piccolo – Alba Castello

di ALBA CASTELLO – Lucio Piccolo, studioso eclettico e conoscitore di «tous les livres» [1], s’inserisce nel variegato panorama letterario novecentesco con un originalissimo profilo poetico a cavallo tra tradizione e innovazione. La sua poesia, formalmente raffinata e propensa a scelte lessicali ricercate, tesse fili di memorie che scaturiscono sia dall’immensità di una natura sconfinata sia da più intimi recessi della casa, dove ogni «oggetto per forza d’intensità – si può dire anche per forza ritmica – è elevato a simbolo…» [2].

Lo studio che qui si propone non abbraccia l’intera produzione dell’autore ma si focalizza su una sua silloge in particolare: Gioco a nascondere, pubblicata presso Mondadori nel 1960. L’indagine condotta ha percorso parallelamente due differenti direzioni: l’analisi descrittiva e interpretativa della raccolta e dei suoi singoli testi, da un lato, e la consultazione diretta dei relativi manoscritti del poeta, dall’altro.

Il secondo e più problematico percorso di studio è stato condotto tra Capo d’Orlando, dove sono stati rintracciati appunti, stesure e anche un’interessantissima e preziosa prosa legata alla silloge, e Roma, dove sono state svolte accurate ricerche presso la Fondazione “Antonio Pizzuto”, nel tentativo, purtroppo non appagato, di rinvenire un’esegesi di Gioco a nascondere inviata da Piccolo a Pizzuto [3]. Per la consultazione dei manoscritti è stata naturalmente essenziale la disponibile e attenta collaborazione degli eredi del poeta, Mariel Piccolo di Calanovella e Tanina Guadalupi, alle quali va un ringraziamento particolare.

Nel capitolo iniziale sono stati ricostruiti la struttura e i caratteri salienti della silloge e le coordinate storico-culturali in cui essa s’inserisce. Sono state, inoltre, individuate interessanti relazioni intertestuali con le altre raccolte. Ed è stata poi esaminata l’originale alternanza tra spazi interni ed esterni, rispettivamente l’intrigo di stanze e articolazioni della casa e i vasti paesaggi dei Nebrodi. Un’attenzione particolare ha richiesto anche la singolare semantica di alcuni oggetti, che evidenziano interessanti connessioni con la poesia di Montale, uno dei più importanti modelli di riferimento [4]. Si è voluto poi porre l’accento sulla centralità che il paesaggio rurale, riletto in una chiave originale, per la prima volta riveste nella poesia di Piccolo, subentrando agli ambienti cittadini palermitani che aveva caratterizzato i Canti barocchi. Infine, la riflessione si è incentrata su quelle misteriose ombre che, con il loro groviglio inesplicabile di significati, affascinano il lettore.

Nel più breve secondo capitolo, l’analisi è stata completata attraverso necessarie e più tecniche riflessioni sulle realizzazioni tematiche e formali di Gioco a nascondere. Si è voluto innanzitutto offrire un quadro tematico, sottolineando l’importanza di alcuni motivi ricorrenti: quello del gioco, con le sue innumerevoli valenze metaforiche e i molteplici livelli di significato, quello della casa, della natura, declinati entrambi in accezioni originali, quello della memoria e, ad esso strettamente connesso, quello del tempo, che è forse il nucleo più intimo dell’intera produzione piccoliana.

Un paragrafo, inoltre, è stato dedicato a riassumere la varietà lessicale della silloge e i molteplici campi semantici attraverso i quali il poeta realizza i suoi virtuosismi formali, offrendo un saggio della proliferazione del linguaggio e del descrittivismo baroccheggiante che connotano questa poesia. Uno spazio, infine, è stato riservato anche ad alcuni rilevamenti stilistici, con particolare attenzione all’aspetto metrico-formale. Sono stati vagliati rispettivamente l’incidenza, le forme e il significato dello stile enumerativo [5] e la singolare versificazione, in certi originali e moderno compromesso tra prosa e poesia, tra metrica tradizionale e nuova ricerca ritmica.

Nel terzo capitolo sono state avanzate tre proposte di lettura relative a singoli componimenti di Gioco a nascondere. Il primo affondo è stato condotto sul poemetto omonimo. L’analisi ha ripercorso, a passo con il testo, i “giochi” di immagini e di significati che il poeta prospetta al suo lettore, tessendo i fili di memorie personali che confluiscono poi in una «memoria dell’essere» [6]. Si è tentato di sciogliere la fitta trama semantica che lega la dimora all’io del poeta di carpire il segreto delle molteplici oscillazioni tra piani temporali diversi, tra ombre e barbagli, tra spazi interni ed esterni. Il successivo affondo si è concentrato su Anna Perenna, una poesia lunga, complessa e criptica in certi punti, pullulante di tecnicismi burocratici, che istaura un particolarissimo dialogo a distanza conVeneris venefica agrestis, poesia di Canti barocchi e altre liriche. Nel poemetto l’autore sembra realizzare un inno modernissimo alla divinità. Essa, continuamente evocata e nominata, non compare mai fisicamente ma rivive nel divino che si coglie in ogni elemento della natura.

E se in Gioco a nascondere, partendo dai ricordi personali, Piccolo perviene a una «memoria dell’essere», qui risale fino ad una memoria ancestrale, custodita dalla dea madre e da ciò che essa rappresenta. L’ultimo componimento che si è scelto di sottoporre a una lettura più puntuale è Candele. Non si tratta di una poesia ma di una breve prosa lirica che rappresenta una tappa importante per la raccolta, un momento di snodo in cui, tuttavia, ritornano gli stessi intrighi di stanze del primo poemetto e la casa diventa uno spazio privilegiato. La «camera interna» [7] alla quale qui si fa riferimento si rivela non solo luogo fisico in cui cercare un rifugio dalla «tempesta» [8] esterna (altra declinazione forse della bufera montaliana) ma anche luogo dell’anima, in cui riconciliarsi con se stessi e col mondo.

Dopo aver delineato i caratteri generali dell’opera e aver avanzato alcune proposte di lettura, nel quarto capitolo è stata intrapresa una cauta “esplorazione” della luminosa officina di Lucio Piccolo. Si è tentato di effettuare un primo censimento dei manoscritti legati alla raccolta, prevalentemente quaderni e fogli sparsi. Si è potuta così appurare la problematica convivenza di materiali assolutamente eterogenei e privi di qualsiasi tipo di datazione autografa. Facendo riferimento soprattutto al componimento iniziale sono state riportate alcune brevi citazioni tratte da due quaderni del poeta: il quaderno 8 e il quaderno 26. Per quanto riguarda quest’ultimo, al fine di evidenziare con maggiore chiarezza i molteplici livelli di elaborazione (sintattico, semantico, metrico) si è fatto ricorso a quattro diverse tavole, ognuna delle quali ha messo a fuoco una spetto in particolare della profonda trasformazione subita dal testo poetico.

Molto interessante, infine, il rilevamento tra le carte del poeta di una breve prosa inedita, che non solo intesse rimandi tematici e terminologici significativi con la silloge, ma potrebbe essere forse una prima elaborazione in prosa del poemetto incipitario. Il capitolo, lungi dall’avere pretese di scientificità, completezza o esaustività, segue un approccio di tipo sperimentale e non dogmatico, volto ad arricchire la conoscenza della silloge in vista di altre e necessarie ricerche.

Il presente lavoro propone, quindi, un duplice studio su Gioco a nascondere, finalizzato, da un altro, all’analisi e all’interpretazione del testo, dall’altro, all’approfondimento del laboratorio del poeta, ancora prevalentemente inesplorato e chiave irrinunciabili per la comprensione della genesi dell’opera e di alcuni dei suoi significati più profondi. L’indagine è stata condotta all’insegna di un continuo e fruttuoso raffronto tra il testo e l’officina, nella convinzione che entrambi siano tasselli fondamentali per un esame a tutto tondo della silloge. E anche questo eclettico “gioco” di approcci rimane in perfetta sintonia con i “giochi” del poeta, quelli che egli realizza nei suoi versi, fioriti di significati (letterali e metaforici) e di significanti (raffinati e melodici) e quelli che racconta il lettore, chiamato a prender parte a un ludico intreccio di stanze, di luoghi e di memorie.

Alba Castello

NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] – EUGENIO MONTALE, Prefazione a Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano 1956, poi in Gioco a nascondere. Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano, 1960, p. 106.
[2] – VANNI RONSISVALLE, Il favoloso quotidiano. Sceneggiatura e script del film tv su Lucio Piccolo, maggio 1967, in Lucio Piccolo, «Galleria», a cura di Vincenzo Consolo, V. Ronsisvalle e J. Tognelli, maggio-agosto 1979, n. 3-4, p. 72.
[3] – Nell’epistolario Piccolo-Pizzuto (cfr. ANTONIO PIZZUTO-LUCIO PICCOLO, L’oboe e il clarino. Carteggio 1965-1967, a cura di A. Fo e A. Pane, Scheiwiller, Milano, 2002), oltre a far riferimento a un’esegesi dei Canti barocchi che effettivamente è stata reperita insieme alle altre lettere e cartoline e pubblicata nel volume, si parla anche di un’esegesi di Gioco a nascondere, di cui tuttavia non è rimasta traccia. Dalle lettere, inoltre, si evince con certezza che le «glose», come le chiama Piccolo, di uno in particolare dei componimenti della silloge, Anna Perenna, furono sicuramente ricevute da Pizzuto, che ne ringrazia l’amico e le commenta. Né l’esegesi di Gioco a nascondere né quella di Anna Perenna sono state ritrovate presso la Fondazione “Antonio Pizzuto”.
[4] – Importanti e stimolanti studi sono, a tal proposito, quello di Francesco Orlando (F. ORLANDO, Gli oggetti desueti della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Einaudi, Torino, 1993) e quello di Luigi Blasucci (L. BLASUCCI, Gli oggetti di Montale, il Mulino, Bologna, 2002).
[5] – Punto di partenza è stato il saggio di LEO SPITZER, L’enumerazione caotica nella poesia moderna, in «L’Asino d’oro», II (1991), n. 3, pp. 92-130.
[6] – FLORA DI LEGAMI, Lettura di Gioco a nascondere, in AA.VV., Lucio Piccolo. La figura e l’opera, a cura di N. Tedesco, Marina di Patti, 1990, p. 197.
[7] – L. PICCOLO, Candele, in Gioco a nascondere, cit., p. 37.
[8] – Ibidem.

Su gentile concessione della Pungitopo Editrice, abbiamo pubblicato in anteprima l’Introduzione al volume Tra testo e officina. Il gioco a nascondere di Lucio Piccolo (pp. 168, € 17,00) di Alba Castello.

(www.excursus.org, anno VII, n. 67, febbraio 2015)