L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome – Alice Basso

di CHIARA ZAGO – Le librerie, sia quelle online che quelle fisiche, pullulano di libri. Ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i generi. Alcuni addirittura sembrano copie con nomi o titoli differenti. Una scelta talmente vasta che pare esistere un volume per ognuno di noi, perfetto nelle sue caratteristiche e completamente calzante ai bisogni del lettore.

Tra tutta questa varietà ci sono autori famosi che sfornano libri con molta più facilità di quella con cui ognuno di noi compila la lista della spesa. Ed è qui che sorge la domanda: come fanno alcuni a trovare non solo le idee, ma anche il tempo materiale, per scrivere più di un libro all’anno o proprio a poca distanza da un evento di cui l’opera tratta? Sarà davvero tutta farina del loro sacco?

Nel romanzo di Alice Basso, L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (Garzanti, pp. 272, € 14,90) si esplora una parentesi dell’editoria che tutt’oggi (nonostante libri e film a riguardo) rimane ancora misteriosa: il ghostwriting. La protagonista, Silvana (detta Vani) Sarca, infatti è una ghostwriter dall’aspetto eccentrico e dalle capacità straordinariamente empatiche, quasi camaleontiche. Capelli neri, aspetto dark (seppur cerchi di limitare il rossetto viola quando è costretta a presentarsi alla casa editrice), una buona dose di arguzia, spirito d’osservazione, cinismo e disinteresse verso le interazioni sociali la rendono unica. Queste caratteristiche inoltre le permettono di adattarsi al suo ruolo. Alice Basso

«In sostanza un ghostwriter è una persona che scrive al posto di un’altra, che però alla fine firma il libro. […] Deve uscire da se stesso, per così dire, entrare nei panni dell’autore di turno, e immaginare non solo cosa scriverebbe, ma anche il modo migliore in cui farlo. E poi, farlo lui. Ogni bravo ghostwriter è un liquido che assume la forma della testa in cui viene versato, uno specchio che ne replica il volto, un mutante che ne assorbe il carattere. E anche una specie di giudice lucido e distaccato che, mentre tutta quest’opera di identificazione ha luogo, riesce a mantenersi imperturbabile e a decidere il modo più efficace di dire le cose che l’autore ha da dire. Un maledetto camaleonte multitasking: ecco cos’è un ghostwriter degno di questo nome. […] Una razza di camaleonti in via di estinzione» (pp. 11-12).

E così, tra una commissione e l’altra, Vani conduce una vita tranquilla e solitaria, scandita da scadenze imminenti date dal suo capo, Enrico Fuschi, un ometto ambizioso, dedito soltanto al profitto, e da qualche incontro con la vicina quindicenne di casa, Morgana, «una piccoletta chiacchierona con i capelli scuri e una forte vena dark» (p. 20) che le ricorda tanto se stessa.

Nonostante le reticenze ad affrontare una vita sociale e sentimentale, Vani finisce per creare la trama di un’opera di un giovane professore in crisi, Riccardo Randi, che, dopo il primo best seller, si è scontrato con il temutissimo blocco dello scrittore. Riccardo, rivedendola a una presentazione del suo libro, si avvicina a lei e non le dà pace fin quando Vani non acconsente a uscire con lui.

Intanto il suo capo le affida un nuovo lavoro, Vani deve scrivere un libro che non vorrebbe neppure vedere nello scaffale più buio delle librerie: un romanzo sugli angeli. O, per meglio specificare, un libro la cui autrice, Bianca Dell’Arte Cantavilla, vede e parla con gli angeli, dispensando così suggerimenti ed esercizi di pace a un’orda di seguaci e lettori accaniti.

I soldi, però, sono soldi, e Vani è costretta ad accettare persino di andare a parlare con l’autrice, cercando di soffocare tutto il disprezzo e il sarcasmo che vorrebbe vomitarle addosso. Il lavoro non è dei più semplici, ma dopo lunghe ricerche tra i siti dei fan della donna e la lettura degli altri libri scritti dall’autrice, la ghostwriter riesce a organizzare l’indice e i primi capitoli dell’opera.

Tutto sembra rientrare nella sua normale routine, fin quando le cose cambiano e si verifica un evento che finirà per trasformare completamente la vita di Vani: Bianca scompare, si pensa a un rapimento e i sospetti cadono su di lei. Nonostante ciò il commissario Berganza, un uomo di legge che sembra uscito da un libro giallo e che concentra su di sé tutte le caratteristiche più brillanti e iconiche di un detective letterario, vede le capacità empatiche della giovane e non solo decide di non indagare su Vani, ma intreccia con lei uno strano rapporto di fiducia che sarà decisivo nella risoluzione dell’indagine.

Inoltre, come se non bastasse, la protagonista finisce per scontrarsi con un’altra amara domanda: Riccardo, il suo nuovo fidanzato, è davvero quello che sembra? O nasconde anche lui un segreto sconvolgente?

Appassionante, cinico, divertente. Questi sono solo pochi aggettivi che si possono dare al libro di Alice Basso, ma che calzano perfettamente a pennello con la sua descrizione. Ogni capitolo finisce per catturare l’attenzione del lettore e svelare un ulteriore particolare non soltanto sulla vicenda del rapimento, ma anche sul passato di Vani, illuminando così le pieghe più curiose e singolari del suo carattere. Cosa resa ancor più accattivante dallo stile graffiante e schietto con cui la stessa protagonista narra in prima persona le vicende, rendendo il lettore partecipe di tutti i suoi pensieri.

L’autrice riesce infine a concludere il libro chiudendo un cerchio (di più non si può dire) e allo stesso tempo lasciando una porta aperta per ulteriori avventure della protagonista. Come Alice Basso specifica nell’intervista-conversazione nelle ultime pagine del romanzo, «Vani ha un sacco di cose da fare» (p. 271) e così anche tutti gli altri personaggi che hanno abitato il libro.

Chiara Zago Alice Basso

(www.excursus.org, anno IX, n. 83, giugno 2017)