Dentro Caravaggio – Mostra a Milano


di MICHELA SALA – Michelangelo Merisi (o Amerighi), noto come Caravaggio, nasce nel 1571 a Milano (morirà nel 1610, dopo una vita burrascosa finita tragicamente a Porto Ercole) e si forma alla scuola del Pederzano, fondendo il naturalismo bresciano al chiaroscuro lombardo e al colore veneto.

Quando, alla fine del Cinquecento, si trasferisce a Roma e abbandona le tinte più chiare, è notato dal cardinale Francesco Maria del Monte, che lo introduce alla più importante committenza romana. Il suo talento è subito riconosciuto e vedono la luce i dipinti della cappella Contarelli in Sal Luigi dei Francesi.

Le opere realizzate nella capitale rivelano la realtà con forti contrasti di colore mentre la luce diviene fondamentale per plasmare le figure. Si tramuta in simbolica per sottolineare eventi e gesti drammatici. Le scene sono realistiche, rigorose nelle immagini e generate da una luminosità espressiva e commovente.

La critica dei primi decenni del XX secolo, dopo un lungo periodo di oblio e con il suo encomiabile controllo dei valori tradizionali, ha rivendicato la grandezza del pittore lombardo riconoscendo che egli sta, con Giotto, Masaccio e Michelangelo, nella linea storica dei creatori di una nuova visione artistica che si è imposta al mondo. Caravaggio è stato poi riscoperto e legittimato dagli studi di Roberto Longhi che, nel 1951, gli ha dedicato una mostra epocale a Palazzo Reale di Milano.

Ora con la curatela di Rossella Vodret, nelle stesse sale del medesimo edificio è allestita “Dentro Caravaggio”. È una mostra unica, da non perdere, non solo per la presenza dell’alto numero di capolavori provenienti dai maggiori musei italiani e stranieri, ma per gli studi che l’hanno preceduta.

In questa esposizione ogni quadro ha richiesto, affiancati – o meglio a volte, posti dietro – da lunghe ricerche, approfonditi studi che sono durati parecchi anni, video e immagini radiografiche che consentono al pubblico di seguire e capire attraverso l’uso innovativo degli apparati multimediali, il percorso del dipinto dall’inizio fino alla realizzazione conclusiva.

Attraverso le indagini diagnostiche sono emerse alcune costanti ancora sconosciute e inaspettate: si tratta, per esempio, d’immagini nascoste che riaffiorano dagli strati di pittura o di abbozzi disegnati o incisi sulla preparazione iniziale.

Nei primi tempi della permanenza romana, dovendo affrontare scene di grandi dimensioni in tempi ristretti, Caravaggio apporta alcuni cambiamenti alla tecnica, stendendo prima un composto scuro formato da pigmenti terrosi misti a olio, aggiungendo poi soltanto i colori più chiari e i mezzi toni in corrispondenza delle parti in luce. In sostanza, non dipinge per intero tutte le figure, ma a volte soltanto le parti che si vedono, nel resto della tela non c’è nulla: il fondo è buio e le parti in ombra sono rese dalle velature. Questo nuovo metodo di realizzazione contraddistinguerà tutte le sue opere successive.

Il percorso espositivo è organizzato in senso cronologico, secondo la loro nuova posizione nel tempo; nella prima sala, un’eccezionale Giuditta che taglia la testa a Oloferne (immagine principale in alto), conservata alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. L’episodio rappresenta il momento finale di una scena tragica: lo sfondo è scuro con un solo panneggio rosso in alto a sinistra mentre in primo piano i tre protagonisti sono fissati nei gesti e nelle espressioni del loro ruolo. Lo sguardo di Oloferne è vitreo, la bocca spalancata nell’urlo che precede la morte mentre stringe un lembo di lenzuolo, la giovane e amabile Giuditta concentrata nel gesto della decapitazione con la fronte corrucciata e la vecchia serva in attesa della conclusione sorregge un sacco ove riporrà il capo una volta staccato.

Gli studi radiografici hanno rivelato le incisioni che Caravaggio ha tracciato sulla preparazione con uno strumento appuntito allo scopo di ritrovare in un secondo momento la giusta posizione delle figure. A questo ritrovamento si aggiungono alcune modifiche alla composizione che riguardano un lieve trasporto della testa di Oloferne per mettere in maggior evidenza l’azione di Giuditta.

Scorrendo le sale tra una meraviglia e l’altra, le immagini sembrano scaturire dalle tele. Solo per citarne qualcuna, s’incontrano le giovanili Maddalena penitente della Galleria Doria Pamphilj, Buona Ventura dei musei Capitolini, Ragazzo morso da un ramarro della Fondazione Longhi di Firenze. E poi le opere della maturità con il Sacrificio di Isacco degli Uffizi, la Sacra Famiglia con san Giovannino del Metropolitan Museum di New York, il San Girolamo penitente del Museu de Montserrat e la Madonna dei Pellegrini dalla Basilica di Sant’Agostino di Roma.

Il soggetto di quest’ultima opera rimanda alla famosa leggenda secondo cui la casa di Maria Vergine sarebbe stata trasportata dagli angeli da Nazaret fino a Loreto. Caravaggio, innovando l’iconografia tradizionale, pone la Madonna con il Bambino in braccio, sulla soglia di una casa. Ha lo sguardo rivolto direttamente ai due pellegrini inginocchiati davanti a lei, hanno i bastoni, i piedi nudi e gli abiti sdruciti a interpretare l’umanità che si accosta al miracolo. Il violento contrasto tra luce e ombra caratterizza quest’opera che appare come una scena teatrale. Qui la base è bruna e spesso lasciata a vista come tra le capigliature dei viaggiatori; s’intravvedono il disegno nella scollatura della veste Mariana e nelle manine del Bimbo mentre alcune incisioni delineano spostamenti del capo e il gradino poi abbassato.

Il percorso espositivo si conclude con il Martirio di sant’Orsola delle Gallerie d’Italia, Collezione Intesa Sanpaolo e conservato a Napoli. È considerato l’ultimo dipinto di Caravaggio e documentato da una serie di lettere del maggio 1610. Il tutto si svolge in una scena oscura rotta da contrasti di luce intorno a cinque personaggi resi a mezzobusto. Il quadro evidenzia l’accoglienza fisica del martirio della Vergine e sintetizza il pensiero del pittore con la potenza del suo linguaggio: i gesti del sovrano sono plateali mentre quelli della pallida Santa, che porta la mano al petto, sono dignitosi.

In quest’opera gli studi hanno evidenziato un lieve passaggio di tonalità nella preparazione che è divenuta più aranciata e che è lasciata a vista in alcuni punti come nella spalla sinistra dell’arciere e sulla guancia della Santa oltre qualche lieve modifica nella simmetria della spalla e nelle mani della Santa. Il dipinto è considerato il punto di arrivo di tutto il percorso esecutivo del grande pittore lombardo, dove il buio ha preso il sopravvento sulla luce e sulle forme e le figure sono definite solo da poche pennellate letteralmente inghiottite dal fondo scuro.

Michela Sala

 Notizie utili

Dentro Caravaggio
Palazzo Reale, piazza Duomo 12, Milano.
Fino al 28 gennaio 2018.
Ingresso: € 12,00 intero; € 10,00 ridotto.
Orario: lun 14:30/19:30; mar-mer-ven e dom 9:30/19:30; gio- sab-dom 9:30/22:30.
Catalogo: Skira.
Info: tel. 02 92800375.

 

(www.excursus.org, anno IX, n. 87, novembre-dicembre 2017)