Piccola fiaba un po’ da ridere… – Antonio Moresco

di TATIANA SANDROLINI – «“Ah, sì, mi chiamano Budella?” si disse “Gliela farò vedere io a quegli stronzetti!”». Chi pronuncia queste parole di vendetta è la Bidella di una scuola, colei che dà il via alla storia di Antonio Moresco Piccola fiaba un po’ da ridere e un po’ da piangere (Introduzione di Sandra Petrignani, illustrazioni di Gianluca Folì, RroseSélavy, pp. 42, € 14,00).

La donna, che sa essere sia fata che strega, decide di lanciare un incantesimo ai bambini di una classe, per vendicarsi di quelli che la prendono in giro chiamandola Budella, e così li fa innamorare della prima persona o cosa che vedono. Nella scuola imperversa il caos: per giorni i bambini si struggono per amore, soffrono innamorandosi della persona o della cosa sbagliata senza essere corrisposti. La gelosia e la frustrazione si impossessano di loro, rendendoli così volubili e vulnerabili.

Tra questi, tuttavia, vi sono due bambini che sembrano essere immuni dall’incantesimo, Sonnambulino e Sonnambulina, chiamati così perché spesso si incontrano la notte e camminano sonnambuli sui tetti della città, mano nella mano, avvolti da un’aura onirica che li lega e li unisce. I due bambini sembrano vivere in un’altra dimensione, non si omologano agli altri e sono in sintonia perfetta.

La loro incredibile intesa comincia a vacillare quando Sonnambulina inizia a nutrire dei dubbi in merito al tempo passato di notte con il compagno tra i tetti della città. Si chiede confusa se quei bellissimi momenti non siano soltanto sogni dai quali devono svegliarsi, ma come si può capire dove finisce il sogno e inizia la realtà? Sonnambulina vuole ‘guarire’ dal suo ‘problema’ e si fa accompagnare dai genitori da un medico affinché trovi una soluzione.

Sonnambulino ora è solo, il suo cuore è infranto. Riusciranno i due a ricongiungersi? Torneranno a sognare insieme come un tempo o si lasceranno assuefare dal bisogno di realtà e uniformità come il resto della classe? La Bidella-Budella lascerà emergere la fata che è in lei e riporterà tutto alla normalità o condannerà i bambini a una sofferenza eterna?

Antonio Moresco crea una fiaba toccante e profonda. La definisce “un po’ da ridere” in quanto sono presenti elementi che fanno ridere a crepapelle i bambini e imbarazzare i lettori più cresciuti: ne sono un esempio i nomi buffi e strani dei personaggi, come la maestra SlurpSlurp, chiamata così per la sua lingua lunga, il bambino Mortadella o i gemelli Merdolino e Merdolina. I protagonisti sono esilaranti, quasi estremi, a eccezione di Sonnambulino e Sonnambulina, due figure poetiche e stralunate, che emanano una dolcezza tangibile.

La fiaba di Antonio Moresco è anche “un po’ da piangere”, dal momento che ha il retrogusto amaro provocato dall’innamoramento, ma soprattutto il sentimento di disillusione che proviamo quando usciamo dall’infanzia. Da bambini l’onirico e la realtà sono intercambiabili, ci si abbandona all’innocenza della propria anima e si sogna ad occhi aperti.

Quando arriva l’amore tutto si complica, entrano in gioco emozioni che destabilizzano e sconvolgono la nostra visione della realtà. Nel testo Sonnambulina confessa al compagno di avventure: «E poi io sto diventando grande. Non potrò rimanere sonnambula per sempre e scambiare i sogni per la realtà».

Nella fiaba si nota anche una critica alla società che corre frenetica e tratta talvolta le persone come merce, le rende interscambiabili e non permette di affezionarsi realmente a qualcuno, come dimostra Moresco facendo mutare ai bambini l’oggetto del desiderio con estrema facilità e velocità.

La strega-fata Bidella-Budella personifica il bene e il male, che costantemente si combattono e contrappongono in ognuno di noi.

La visione dell’autore è espressa con un linguaggio moderno, mai scontato, a tratti grottesco e ironico. La storia presenta connotati persino surreali e magici e viene notevolmente impreziosita dai disegni e acquerelli di Gianluca Folì, che traduce in arte visiva la poetica narrativa di Antonio Moresco.

Lo scrittore di questo piccolo grande racconto afferma: «Mi ha sempre affascinato la forma della fiaba perché è rivoluzionaria. Ha il potere di far succedere l’impossibile e questa è una cosa desiderabile e necessaria».

Il finale è sancito da tre domande che Antonio Moresco rivolge al lettore, tre quesiti provocatori che suscitano istantaneamente forti emozioni, ai quali si cerca senza sosta di trovare le risposte più adeguate.

Sonnambulino è l’eroe della fiaba, colui che si salva dall’omologazione rimanendo fedele ai propri sogni e al suo mondo, nonostante sia distrutto e affranto dalle circostanze della vita. Così tenero e piccolo ci ricorda che nel percorso di ognuno di noi è inevitabile crescere, amare, illuderci e disilluderci, ma che è importante, anzi vitale, rimanere sempre in contatto con il nostro lato bambino. Scegliamo di difendere i nostri sogni, di lottare per loro: il percorso potrebbe essere lungo e faticoso, potrebbe richiedere sforzi disumani e caparbietà, ma il finale potrebbe sorprenderci, potrebbe renderci felici, potremmo forse, chissà… arrivare fino alla Luna.

Tatiana Sandrolini

(www.excursus.org, anno IX, n. 84, luglio 2017)