Pagine messinesi – Giuseppe Loteta

di DOMENICA RIGGIO – Carmelo Pardi (docente e scrittore) afferma alla fine dell’Ottocento che «Niuna delle città siciliane, non esclusa Palermo, coltivò mai le gentili arti del bello, quanto Messina. Il gusto dei messinesi per la divina arte del Sanzio fu così universale che, dice il Gregorio, non solo le chiese e i pubblici edifizi de’ grandi, ma ancora le case dei privati erano adorni de’ quadri de’ più insigni pittori così patri come forestieri».

Attraverso un” volo pindarico” di anni dalle parole di Pardi, il decennio 1950/1960 rappresenta per la città di Messina non soltanto la fase più attiva della ricostruzione postbellica, ma anche il periodo di enorme vitalità culturale, politica, grazie a figure del calibro di Salvatore Pugliatti, giurista ed umanista che avvalendosi della collaborazione di musicisti, poeti, rivoluzionari, intellettuali, fa della nostra città un punto di raccordo con e per celebri protagonisti della vita sociale e culturale nazionale e internazionale.

Giuseppe Loteta, autore di Pagine Messinesi. Alla ricerca dell’identità perduta (Pungitopo, pp. 180, € 13,00), è una delle personalità di rilievo proprio di quella Messina ormai lontana, tanto amata e a cui guarda e si rivolge nel suo “elogio” con orgoglio e con rigore descrittivo di fatti e persone che hanno contribuito a dare identità ad un popolo, ad una generazione di giovani, come lui, attori di un Dopoguerra all’insegna della messinesitudine di sciasciana memoria. «Mi chiedevo in quell’occasione come nascono i cenacoli, i gruppi letterari, le scuole. E rispondevo che nascono quando, in momenti storici irripetibili, persone vicine per sensibilità,cultura, comune sentire, s’incontrano, parlano, progettano, agiscono. Ne concludevo che si poteva parlare di una scuola letteraria messinese, la “scuola dell’Irrera”, il bar di piazza Cairoli che era un po’ il cuore della città».

Ed è al bar Irrera, tra gli alberi, che pullulano idee europeiste con Gaetano Martino, allora rettore dell’Università, idee democratiche con Ettore Lombardo Pellegrino, idee socialiste con Nino Le Donne, idee anarchiche con Vincenzo Mazzone e con Gino Cerrito, animatori della Fai (Federazione Anarchica Italiana), idee artistiche con Felice Canonico e con Luigi Ghersi. E ancora idee letterarie con Stefano D’Arrigo e Vanni Ronsisvalle, Nino Crimi, i fratelli D’Anna (fondatori della nota casa editrice). Un fermento culturale su più fronti, una vitalità politica che caratterizza l’Italia di quegli anni, ma che diviene esemplare in una città del Sud, in cui nell’ex Palazzo Littorio trova un ampio spazio di divulgazione. «L’edificio era stato la “Casa Littoria” del regime fascista, inaugurata da Mussolini nel 1937 […] dopo l’arrivo a Messina delle truppe anglo-americane, nell’agosto del 1943, se ne erano impossessati le formazioni politiche antifasciste, appena costituite o ricostituite».

La rilettura di una città in chiave assolutamente moderna e di massima espressione creativa, che sbalza fuori dalle pagine del libro, sembra essere quasi paradossale visti gli anni del racconto, in forte contrasto per altro con quelli attuali. Difficile immaginare una collettività così attiva, seppur costretta dopo qualche tempo ad emigrare anch’essa come oggi, una città filo tranviera, una città marittima e con un crescente turismo, difficile capire allora il perché di tanta distruzione poi e di tanta poca onestà intellettuale. «Nostalgia di che cosa? Dei vent’anni di chi scrive, certo. Ma anche di una Messina migliore, più vivibile, più umana, di quando c’erano i tram, appunto. E, alla notizia che sono ritornati, desiderio di vedere una città che si riappropria di un’identità perduta, meno inquinata, meno caotica, ancora una volta migliore, più vivibile, più umana».

Riscoprire una memoria, o scoprire di appartenere ad una città “diversa”, una città che non credi sia la tua, in un’atmosfera quasi surreale, è merito anche di scrittori, di giornalisti ma soprattutto di persone con un’alta sensibilità storica come Loteta. Si approda ad una riflessione importante e che probabilmente spaventa ma che è insita nell’uomo e cioè che ogni passo in avanti richiede guardare indietro con consapevolezza e riflettere su ciò che si era non con nostalgia o rimpianti ma con la certezza di un miglioramento costante e produttivo.

Domenica Riggio

Excursus si è già occupata delle opere di Giuseppe Loteta, attraverso la recensione, redatta da Maria Gerace, della silloge Nuvole e pietre (Pungitopo) e dell’articolo di Luigi Grisolia sulla presentazione, svoltasi a Messina il 14 maggio 2011, del volume Romanzo messinese (Pungitopo).

(www.excursus.org, anno IX, n. 80, febbraio 2017)