Le solite sospette – John Niven

di FRANCESCA VAROTTO – Nonostante sia poco nobile crediamo che tutti – in occasione alla visita di un parente ricoverato in un ospizio, pervasi dall’odore di disinfettante e di vecchio, circondati da malati e persone che con rassegnazione non ricordano né chi erano né chi sono – siano stati attraversati dal sentimento di pena, subito seguito da quello di rifiuto per la fine di una vita trascorsa in questo modo. John Niven

Da questa emozione prende spunto Le solite sospette di John Niven (Einaudi, pp. 346, € 12,50), la storia di quattro donne, quattro innocue vecchiette che rifiutano di finire i loro giorni in un ospizio.  
Susan è una donna che nella vita ha sempre seguito le regole, ha fatto tutto come doveva essere fatto: ha studiato, si è sposata, è diventata madre ed è sempre stata una diligente casalinga, tutta intenta ad occuparsi della triade casa-marito-figlio. 
Poi c’è Julie, amica fina dall’adolescenza di Susan e suo opposto, oggi è una donna che nella vita ha inseguito i suoi sogni e l’istinto, cosa che l’ha condotta a svuotare padelle in una casa di cura. In questo desolante luogo incontriamo la terza protagonista, Ethel, una vecchietta che si muove in sedia a rotelle perché non vuole camminare, che ha vissuto una vita con la “v” maiuscola, che rifiuta ogni aspetto della vecchiaia ed è golosissima di caramelle.   
L’ultima donna del gruppo è Jill, una perbenista timorata di Dio che non dice mai parolacce ma disperata per le condizioni di salute del nipote affetto da una malattia terminale.

L’evento che sconvolge la noiosa routine è la morte di Barry, marito di Susan. L’avvenimento, tra l’altro, avviene in circostanze così inaspettate per il lettore e per l’ambientazione del romanzo fin lì delineata che non può non spiccare per la sua comicità un filino perversa.         
Sconvolta per la verità scoperta sul marito, per l’ingente quantità di debiti che ha ereditato, Susan una sera si sfoga con Julie e diverse bottiglie di vino; dalle loro chiacchiere ubriache nasce un’idea per cambiare le loro vite: rapinare una banca. John Niven 
Al gruppo si uniscono anche Jill ed Ethel, la prima per ottenere i soldi utili a curare il nipote e la seconda un po’ per noia e un po’ per la voglia di vivere ancora.
Dopo una breve organizzazione della logistica, le donne eseguono maldestramente il colpo e da lì iniziano la loro fuga dall’Inghilterra e poi attraverso la Francia. Elemento comico e brioso è dato dal poliziotto che insegue le quattro attempate criminali, un uomo che non fa niente per mettere in buona luce le forze dell’ordine e il loro operato.

Iniziato quasi come un poliziesco, il romanzo si trasforma poi in una storia on the road e in questo momento, quando cioè le riflessioni dell’autore dovrebbero prendere un corpo più concreto, il romanzo comincia a perdere di incisività.     
Si legge la volontà di vivere, quella di portare a termine il piano, la voglia di concedersi qualche sfizio piacevole, ma nel complesso viene a mancare lo spessore richiesto ai personaggi che compongono la storia, iniziati con una caratterizzazione piuttosto precisa e veritiera, nel corso della storia le loro personalità si sfumano sempre più, rimanendo quasi solo dei contorni alla forma che via via si è persa. 

La storia e l’intento dello scrittore si ispirano chiaramente al romanzo di Zadoorian, In viaggio contromano; ma purtroppo la penna di John Niven non raggiunge la bellezza e la profondità del suo ispiratore.      
Le insolite sospette è un romanzo piacevole e leggero, caratterizzato però da punti deboli che fanno sentire la mancanza di coraggio dell’autore nel trattare un tema che spaventa così tanto ogni persona, la vecchiaia.

 Francesca Varotto John Niven

(www.excursus.org, anno X, n. 89, agosto-settembre 2018)