Bambini. Nemici del popolo – Lăcrămioara Stoenescu

di VERONICA BERGAMELLI – La vicenda autobiografica narrata da Lăcrămioara Stoenescu in Bambini. Nemici del popolo (traduzione di Mauro Barindi, Edizioni Saecula, pp. 396, € 16,00) è ambientata in Romania in piena epoca stalinista (decennio 1950-1960).

In questo periodo, caratterizzato dalle purghe e dagli arresti indiscriminati, la famiglia dell’autrice, la cui unica colpa è quella di appartenere al ceto medio e non alla classe proletaria, subisce la sorte di coloro che fanno parte della borghesia e che in quanto tali vengono additati come «nemici del popolo», deportati e imprigionati. Da questa terribile esperienza scaturisce la testimonianza cruda e commovente di Lăcrămioara Stoenescu.

Con voce di bambina l’autrice ripercorre i ricordi di un’infanzia sfregiata dalle violenze del regime comunista, a causa delle quali viene privata di ciò di cui tutti i bambini dovrebbero avere diritto nell’età dorata della fanciullezza: una famiglia unita in un clima sereno di pace e armonia, la spensieratezza, l’ingenuità, il gioco con altri coetanei.

I ricordi di Lăcrămioara Stoenescu prendono il via nella drammatica notte del 14 aprile 1952, quando alcuni ufficiali della Securitate irrompono nella sua abitazione con il pretesto di cercare delle armi nascoste. Senza dargli alcuna possibilità di difendersi prelevano il padre dell’autrice, Corneliu, e lo rinchiudono prima nelle carceri di Rahova, poi di Târgu Ocna-Oneşti-Borzeşti e di Spanţov (Olteniţa). Da questa terribile notte come un filo rosso si dipanano le varie vicende dell’autrice: l’avviso di deportazione del 3 giugno del 1952, la partenza su un carro bestiame in condizioni estreme, l’arrivo al villaggio di Rădăşeni e la conseguente collocazione dei deportati in famiglie scelte dalla milizia comunista, la madre messa ai lavori forzati presso la «Fabbrica di legno di Fălticeni» e l’espulsione della giovane Lăcrămioara Stoenescu dalla scuola media di Rădăşeni in quanto «nemica del popolo».

L’autrice ricorda quest’ultimo avvenimento come «il giorno più brutto» della sua vita, un’umiliazione che avrebbe marcato per sempre la sua esistenza. Infatti, in quel momento era convinta che il suo percorso scolastico si sarebbe fermato alla licenza elementare. Per una bambina dedita e appassionata agli studi questo era il peggior incubo che si potesse immaginare.

Fortunatamente viene ammessa con sua grande gioia alla seconda media. Studia con profitto, riuscendo a imporsi sulle studentesse più brave, riscuotendo sentimenti di ammirazione e affetto dalla propria insegnante. Ciò per lei è fonte di una felicità che diventa ancora più grande il 23 marzo del 1954, quando si presenta alla porta di casa un miliziano per annunciare alla famiglia che è arrivata «la notifica secondo la quale tutti i deportati potevano tornare a casa». Il 10 aprile del 1954 un treno passeggeri riporta queste persone alla propria città. Tuttavia non tutti gli ex-confinati rientrano immediatamente in possesso delle loro case, poiché in alcune erano ancora installati dei funzionari del governo. Anche la famiglia dell’autrice dovrà per diverso tempo convivere in spazi assai ristretti con i parenti. Solamente nel maggio del 1954 Lăcrămioara Stoenescu potrà traslocare e tornare a vivere nella propria abitazione con la madre e il padre che nel frattempo è stato liberato.

Purtroppo si tratta di una scarcerazione più formale che sostanziale a causa dei continui pedinamenti e delazioni cui viene sottoposto, tanto che alla fine parla sempre «a bassa voce, quasi sussurrando» e non racconta «nulla di sé o della prigionia». Solo da adulta l’autrice trova la spiegazione a questi comportamenti insieme alle informazioni che completano la sua conoscenza della vicenda paterna. Ciò è reso possibile dalla consultazione di una serie di documenti che vanno dagli epigrammi scritti dal padre in prigione «sulle cartine da sigaretta […] e dedicati agli altri detenuti», ai fascicoli informativi da lei stessa richiesti al Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate, al fine di conoscere maggiori dettagli sul motivo dell’arresto di Corneliu.

A questi dossier può accedere anche il lettore, dal momento che l’autrice li ha inseriti in appendice al volume. Essi dimostrano come gli agenti della Securitate travisassero volutamente le risposte a loro fornite durante i vari interrogatori, partendo dal presupposto che il detenuto avesse ottenuto la carica di pretore grazie ad appoggi politici nel precedente regime di Antonescu. Egli invece si era aggiudicato quel posto dopo aver vinto un regolare concorso grazie ai propri meriti, capacità e qualità. Inoltre, non aveva mai usato il suo ruolo per fare politica attiva, ma solo per svolgere il compito amministrativo che gli competeva.

Gli epigrammi scritti dal padre di Lăcrămioara Stoenescu, a loro volta, «ci presentano un’altra faccia delle carceri comuniste: la vita reale dal loro interno. Non potendo comunque rendere la realtà, gli interrogatori, le violenze in modo completo, l’autore è ricorso all’ironia, ponendo in rilievo alcuni aspetti e tratteggiando i connotati fisici e morali» dei propri compagni di prigionia. Si vengono così a conoscere, oltre ai nomi dei detenuti, anche le loro precedenti occupazioni e, sia pure velatamente, i motivi del loro arresto.

La testimonianza di Lăcrămioara Stoenescu crea una sorta di “libro-documento”, in cui l’autrice esemplifica attraverso la propria storia di ragazzina «nemica del popolo» le sofferenze dei 100 bambini della città di Giurgiu e delle loro famiglie deportate o imprigionate. Ma il testo va oltre il valore di semplice testimonianza fino a rendere un servizio speciale a chi l’ha scritto, poiché permette a Lăcrămioara Stoenescu di rivivere in modo cosciente la propria infanzia creando in questo modo una vera e propria catarsi. Come afferma la stessa autrice in un’intervista: «Ora sento di vivere in libertà e di amare tutti, sperando che un giorno coloro che hanno deciso la nostra deportazione siano in grado di chiederci perdono, perché solo così si sentiranno liberi e puri nello spirito».

Veronica Bergamelli

(www.excursus.org, anno VI, n. 64, novembre 2014)