Shakespeare in shorts – Daniele Aristarco

di FEDERICA CHIMENTON – A quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare, anniversario caduto nel 2016, molti si chiedono come mai, oggi, il grande drammaturgo inglese sia ancora letto, studiato e analizzato da critici e studiosi. Perché le sue opere risultano tuttora così interessanti agli occhi dei lettori di ogni età, anche ai più giovani?

Lo spiega bene Daniele Aristarco con il suo libro per ragazzi Shakespeare in shorts. Dieci storie di William Shakespeare (illustrazioni di Sara Not, Einaudi Ragazzi, pp. 208, € 16,90) quando scrive «L’amore e la magia, l’intrigo e la passione, l’odio, la vendetta, l’amicizia… Non c’è formula che spieghi l’animo umano, per filo e per segno. Ma per fortuna c’è Shakespeare, che misteriosamente – a quattrocento anni dalla morte – sembra sapere tutto di ciò che siamo, e sempre saremo» (quarta di copertina).

Il volume raccoglie dieci tra le opere più conosciute di Shakespeare rivisitate in prosa: un ottimo stratagemma per avvicinare i giovani lettori alle opere. Un’introduzione dettagliata alla drammaturgia shakespeariana che può essere allo stesso tempo un incentivo alla lettura delle opere originali del Bardo, di cui Aristarco conserva la poeticità e l’intensità.

La selezione ha coinvolto sia commedie sia tragedie che analizzano ciascuna un tassello dell’animo umano e i sentimenti che contraddistinguono gli uomini. Si parte con la più classica delle opere: Romeo e Giulietta, composta probabilmente tra il 1595 e il 1596, che racconta la drammatica storia d’amore dei giovani ostacolati dalla rivalità tra le famiglie Montecchi e Capuleti; segue Macbeth, la tragedia medioevale ambientata in Scozia che narra dell’ambizione spropositata del guerriero e della moglie Lady Macbeth. Orchestrano tradimenti e omicidi pur di raggiungere i propri obiettivi e far avverare le profezie delle Tre orrende Streghe, perché «il destino andava aiutato, se necessario anche con la violenza, che non è un piacere né uno scopo, ma un semplice mezzo» (p. 35).

La vendetta, il desiderio, l’invidia e la gelosia sono i sentimenti che dominano Otello e Amleto, scritte dal Bardo nel periodo definito delle Grandi Tragedie con Macbeth, Re Lear e Antonio e Cleopatra, protagonisti indimenticabili quanto vulnerabili proprio perché esseri umani. Non dimentichiamoci i personaggi femminili, anch’essi memorabili in quanto dominati dalla passione e dal coraggio, come Ofelia, l’innamorata suicida di Amleto, resa famosa dall’iconografia che la ritrae immersa nell’acqua tra i fiori, o Desdemona, la moglie di Otello, che farebbe qualsiasi cosa pur di dimostrare il suo amore profondo e incondizionato per il marito, nonostante gli intrighi perpetrati dal perfido Jago.

Le commedie non sono meno interessanti delle tragedie: abitate da folletti e maghi, fanno riflettere sull’animo umano con un sorriso sulle labbra. Sogno di una notte di mezza estate ci riporta nell’Atene degli antichi Greci e delle leggende di Teseo e del Minotauro che, per far felice la sua futura sposa Ippolita – la regina delle Amazzoni –, decide di organizzare giochi e feste fino al giorno delle nozze. Ma è un’Atene magica dove negli angoli più remoti risiedono i folletti del bosco governati da Oberon che, per dispetto, fa innamorare perdutamente Titania, la regina delle fate, del superbo contadino Bottom trasformato in asino da un filtro magico.

Il lieto fine è presente anche nella tragicommedia Racconto d’Inverno che ruota attorno alla percezione del Tempo per gli uomini, in particolare per il re di Sicilia Leonte: «È lento per coloro che aspettano, rapidissimo per chi festeggia, eterno per chi ama. È invisibile, ma tutti lo sentono passare, è ovunque e in nessun luogo e, se ti fermi a studiarlo, ecco che il tuo giorno di oggi si è già dissolto nella notte di domani. È la sabbia che scorre nella clessidra, l’ombra che ruota attorno allo gnomone della meridiana, è una ruota che gira su se stessa e che nessuno può fermare: è il Tempo» (p. 106). Il re è dominato di tanto in tanto da una «rabbiosa follia» che lo spinge «a commettere azioni turpi e insensate» (p. 107) che solo con il progredire del Tempo e dell’età riesce a sostituire con la ragione e la saggezza, come avviene anche a Re Learnonostante la sua storia non abbia un altrettanto lieto fine.

Il re di Britannia, invece, vendicativo e superbo pretende dalle tre figlie Gonerilla, Regana e Cordelia una dimostrazione d’amore tanto grande quanto le dimensioni delle tre parti in cui ha deciso di dividere il regno. Ma Cordelia, la figlia prediletta di Lear, nonché la più sincera, ammette di provare un amore né più grande né più piccolo di quanto un figlio debba al padre. L’insoddisfazione per la risposta così semplice, seppur veritiera, conduce Lear in un circolo di rabbia e rancore, che lo portano però a guardarsi allo specchio per comprendere solo alla fine, dopo aver perso l’amata figlia, di essere «un povero vecchio pazzo» (p. 155) e diventare finalmente uomo.

Le opere di Shakespeare raccolte nel volume di Aristarco sono appassionanti anche da un punto di vista storico, come Giulio Cesare, che racconta la storia del condottiero romano e della congiura ideata ai suoi danni, e Riccardo III, una delle tragedie più famose del Bardo. Sullo sfondo dell’opera viene narrata la Guerra delle Due Rose, la sanguinosa battaglia dinastica avvenuta nel corso del ‘400 tra le famiglie degli York – la Rosa Bianca – e la famiglia dei Lancaster – la Rosa Rossa – da cui discendeva Elisabetta I stessa. La regina era infatti grande estimatrice del teatro di Shakespeare, il quale era azionista della compagnia teatrale reale dei “Lord Chamberlain’s Men”. Il protagonista dell’opera è Riccardo, fratello di re Edoardo IV di York: un guerriero tanto capace ed esperto quanto vendicativo e perfido che «sapeva uccidere senza provare rimorso» (p. 126). Indossare l’armatura è l’unico mezzo che possiede perché le persone non notino le sue deformità; e una volta terminata la guerra decide di intraprenderne una personale, con lo scopo di essere incoronato re d’Inghilterra a ogni costo, mettendo in atto degli intrighi sanguinosi e terribili ai danni della sua famiglia.

Ed è proprio la famiglia ad essere al centro anche dell’ultima opera rivisitata, La Tempesta, nella quale Prospero diventa un mago per vendicare il torto subito dal fratello Antonio, che gli ha usurpato il trono. Ma forse la magia non serve per trovare giustizia, ed è necessario restare umani e fare uso della ragione «per vedere le cose così come sono e non come le si vorrebbe» (p. 199).

Aristarco, autore di racconti e saggi divulgativi per ragazzi, nonché drammaturgo e regista teatrale, è riuscito con la sua prosa a ricreare l’atmosfera magica che domina ogni opera di William Shakespeare, grazie anche alle meravigliose illustrazioni di Sara Not. La poesia affiora pagina dopo pagina per veicolare l’immensità dei sentimenti e delle situazioni in cui ci imbattiamo nel corso della vita. Quest’ultima infatti non è altro che il più grande spettacolo teatrale al mondo, anche se magari è «un pessimo attore che grida e si dimena su un palco per un’ora di spettacolo e poi sparisce per sempre dal ricordo di tutti» (p. 44). Ma dopotutto noi esseri umani «siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni» (p. 198) e la vita ci può riservare degli atti spettacolari.

Federica Chimenton

(www.excursus.org, anno IX, n. 83, giugno 2017)