Il conte e la strega – Cristina Lanaro

di CHIARA ZAGO – Probabilmente chiunque, almeno una volta nella vita, guardando un dipinto si sarà chiesto quali misteri celasse. Che si tratti della Gioconda, di un semplice ritratto a mezzo busto o di un paesaggio, il quesito è sempre lo stesso: cosa si nasconde dietro quelle pennellate? Si tratta di una storia univoca o di mille interpretazioni possibili tante quante le sfumature di colori che possiede? Cristina Lanaro

Proprio un quesito del genere e un dipinto uniscono due mondi molto lontani tra loro cronologicamente, ma allo stesso tempo vicini come non mai, descritti dalla penna di Cristina Lanaro nel romanzo intitolato Il conte e la strega, pubblicato dalle Edizioni Akkuaria (pp. 168, € 12,00).

Da una parte c’è Caterina, figlia della seconda metà del 1600, contadina in una villa di campagna nei pressi della veneta Lugo, e dall’altra c’è Angela, studentessa di storia ormai alla fine degli studi, presa in una rassicurante routine tra documenti per la tesi e serate con l’amica Susi e il ragazzo Luca.

Tuttavia è un altro personaggio che accomuna queste due vite: Francesco, un giovane aspirante scrittore, muratore per necessità, nota Angela in biblioteca e, un po’ in maniera molesta, riesce a ottenere da lei l’indirizzo e-mail, iniziando una storia le cui radici vanno ben oltre il nostro secolo. È lui infatti a notare una somiglianza tra Angela e La Strega, dipinta da Annigoni in un quadro presso una villa di Lugo. Le due si assomigliano così tanto che Angela non può far finta di niente.

La sua vita inizia così a cambiare, ad essere più inquieta e allo stesso tempo più ricca. Accetta di scrivere a quattro mani la storia di quella stria con Francesco senza documentarsi sulla verità storica riconosciuta di quel dipinto, per non rinunciare a nessuna possibile interpretazione o sfumatura di quella vicenda, perché, come dice lui stesso «[…] dietro a quel volto misterioso si potevano nascondere mille storie. Se cercassi di saperne di più, finirei per conoscere una sola di quelle storie e tutte le altre scomparirebbero. Tra le scomparse, però, ce ne potrebbe essere una migliore di quella vera. Io voglio trovare la mia storia […]. Se scoprissi chi era in realtà la modella del dipinto […] non potrei fare a meno di tenerne conto, magari involontariamente, ma questo limiterebbe la mia creatività, la mia sintonia personale ed esclusiva con quella donna.» (p. 68). I due vengono catturati così tanto da quella pseudo avventura storico-letteraria che finiscono per visitare la villa, così da poterne carpire i segreti.

Quella villa e la sua atmosfera risvegliano Angela dal torpore della placida regolarità nella quale era rimasta incatenata per moltissimi anni per difendersi dalle improvvise crisi depressive della madre; l’affinità tra i due esplode semplicemente nello stringersi la mano, ma quell’intreccio rivela un cordone a cui Angela non aveva mai fatto caso. Spaventata, interrompe ogni contatto per ritornare al solito tram-tram rassicurante.

La storia però non esiterà e, imperterrita, busserà di nuovo alla sua porta, spalancandola. Angela infatti, dopo aver ritrovato la tranquillità, trova il coraggio di aprire le foto scattate molte settimane prima alla villa, durante la gita insieme a Francesco. L’unica foto nitida, quella scattata da lei, presenta un particolare che la ricondurrà in quel luogo: il volto della stria rigato da una lacrima che, in realtà, non dovrebbe esserci. È un segno inequivocabile e Angela capirà di non poter più scappare, dovrà solo decidere se rifiutare il suo destino o abbracciarlo, ricongiungendo due mondi altrimenti divisi.

Parallelamente alla vita di Angela, si sviluppa l’esistenza di Caterina, figlia di una delle contadine che lavorano a villa Godi. All’età di cinque anni incontra nella stalla una vecchia donna che, a quei tempi e per quelle popolazioni rurali, fu considerata da tutti una strega, un marchio che l’avrebbe accompagnata fini ai suoi ultimi giorni, e che avrebbe segnato segnato sia la sua salvezza che a sua più grande punizione. Crescendo, un altro incontro si rivelerà determinante, ossia quello con il figlio dei conti, Marzio, un ragazzino che dimostra fin da bambino una malvagità e un’inquietudine che lo porteranno a spargere il sangue di molte vergini e alla dannazione eterna. Da quel momento non ci sarà più spazio per altro; Marzio e l’insana e celata passione per lui accompagneranno Caterina ogni giorno: dall’assassinio della sorellina Margherita, alla morte vana del marito Rocco (il cui sangue non riuscirà a salvare l’anima della sorella in fin di vita), alla nascita di un figlio dallo sguardo torbido, terribilmente uguale a quello del conte, fino agli ultimi giorni.

Quello che sorprende di questa storia, oltre al finale che quasi si protende all’esterno delle pagine stesse (motivo sufficiente, anche soltanto per quest’ultimo, varrebbe la pena leggere il romanzo), è il fatto che l’autrice sia riuscita abilmente a partire da un semplice dipinto per tessere una storia di mistero e di amore; una storia di formazione e addirittura una storia in un senso strettamente storico. Chi infatti non ha mai sentito parlare del periodo delle streghe?

Il periodo delle streghe è un’immagine incisa nel dna di ogni europeo e, con queste pagine ritorna attuale. Sì, perché in fondo non è soltanto Caterina ad essere una stria, ma lo è anche Angela. Forse non una strega come tutti noi immaginiamo, col cappello a punta e un calderone, ma una strega passiva, la cui magia finisce per colpire la sua stessa vita, salvandola. Ancor più rilevante è lo spessore psicologico che Cristina Lanaro riesce a dare alle due donne, in particolare ad Angela, rinunciando ad una presentazione servita su un piatto d’argento come nello stile austeniano, introducendo invece dei tratti del suo carattere e del suo passato che si scoprono piano piano, rimanendo talvolta nascosti, celati in righe secondarie.

Pensiamo alla difficile infanzia con una madre sempre in bilico tra la vita normale e l’oblio della tristezza, e paragoniamola alla materia di studio, ovvero la storia. La storia è passato e proprio per questo si può controllare; non riserva sorprese o emozioni conturbanti. Ovviamente tutto ciò è solo un’ipotesi ma, come citato prima dallo stesso Francesco, ognuno arricchisce ogni trama di mille sfumature soggettive.

Altro punto di forza è rappresentato dall’alternanza delle due storie: l’autrice dedica infatti un capitolo a Caterina ed uno ad Angela (aggiungendo poi le voci di Margherita e Francesco). Ciò che però risulta davvero rilevante è l’alternarsi della prima (per Caterina) e della terza persona (per Angela), insieme alla diversità degli stili dedicati a questi due mondi. Uno riservato al passato che è incisivo, graffiante, quasi brusco, simile alla terra e al sangue (tipici ingredienti da strega che Caterina utilizza).

È uno stile scostante, in cui l’autrice non aspetta il lettore, e sebbene non salti di palo in frasca, fa avanzare la storia in una direzione precisa senza soffermarsi ad “accarezzare” chi legge. L’altro invece, riservato ad Angela, è più scorrevole e morbido, come a sottolineare la differenza delle difficoltà tra il nostro secolo e quello seicentesco. Questo avvicendamento, sia di stile che di punti di vista, può sembrare crudele poiché fa rimbalzare il lettore da una dimensione all’altra proprio nell’istante in cui sembra essersi abituato ad uno dei due mondi e vi è entrato in sintonia; in realtà si rivela un’ottima strategia, che accresce la dimensione di mistero e alimenta la curiosità di chi vi posa gli occhi. Cristina Lanaro

Infine, quello che impregna questo romanzo è la magia, da quella del fantasy o dei prestigiatori. Una magia che riesce a unire due vite lontane e che si riproduce ben al di là del corredo genetico delle protagoniste, ricordando che, nonostante la scienza dimostri che il dna mitocondriale sia identico di madre in figlia, ciò che lega due persone è qualcosa di inspiegabile e misterioso a ogni razionalità. E, in maniera altrettanto inspiegabile, chiunque, dopo aver avuto un assaggio di questo romanzo, non potrà non provare il desiderio quasi viscerale di recarsi a villa Godi, per scorgere un po’ di quella magia che si cela dietro agli occhi della stria.

Chiara Zago Cristina Lanaro

(www.excursus.org, anno VI, n. 65, dicembre 2014) Cristina Lanaro