Vigilie (1914-1918) – Antonietta Giacomelli

di GAETANINA SICARI RUFFO – È stato ripubblicato, in occasione del centenario (2014) dall’editore padovano Il Poligrafo, nella collana Graphie e con la curatela di Saverio Chemotti, un importante saggio scritto da Antonietta Giacomelli (Treviso 1857 – Rovereto 1949), sulla Grande Guerra: Vigilie (1914-1918), proposto nel 1919 dalla gloriosa Bemporad di Firenze. Aldo Cazzullo, scrittore ed editorialista de La Stampa, l’ha poi recentemente presentato ad un vasto pubblico nella Biblioteca Civica di Padova, definendolo “raro reperto”.

In tema di rielaborazione e rievocazione del Primo Conflitto Mondiale è infatti un contributo importantissimo per la grande sensibilità della scrittrice, che si rivela interventista e rara voce femminile impegnata a spiegare le ombre e le luci che si alternarono durante quell’evento straordinario che ha lasciato un tragico solco.

La Giacomelli, cugina del filosofo Antonio Rosmini, era educatrice, giornalista, esponente del movimento del modernismo condannato dalla Chiesa per le idee giudicate troppo avanzate e progressiste, cui appartennero anche Antonio Fogazzaro, Giovanni Semeria, Paul Sabatier, Romolo Murri. Antonietta Giacomelli fu intellettuale di avanguardia e fondatrice del movimento scoutistico femminile con altre compagne del Veneto. Benedetto Croce la ricorda nella Storia della letteratura (La Nuova Italia), per il suo alto esempio di dedizione e carità.

Il volume Vigilie narra, attraverso l’io narrante della crocerossina Nicoletta da Ponte, la vita quotidiana del Veneto nel periodo della guerra: la chiamata alle armi, l’attesa delle notizie dal fronte, i racconti dei feriti negli ospedali da campo, le iniziative di solidarietà intraprese per aiutare i combattenti duramente provati da una guerra di trincea durissima, che li condannava a disumani ed eroici sacrifici. Le madri dei caduti sono indicate come madri-coraggio e paragonate alle spartane che incitavano i figli a morire per la patria. Dotata di una fede eroica e combattiva come quella del Manzoni, la Giacomelli a quanti lamentavano che la guerra potesse apparire in contraddizione con il Vangelo rispondeva: «Finché il mondo sarà fondato sull’ingiustizia, la guerra sarà inevitabile, sarà, in certi casi, anche cristianamente doverosa».

Fu responsabilmente attiva con le opere e soprattutto con la parola. Giovanissima, esordì con Lungo la via, un testo del 1889, ricercato soprattutto nei circoli cattolici liberali, che registrò ben otto edizioni. Seguirono altri saggi ispirati a modelli di vita e di azione di grande partecipazione civile e religiosa: Sulla breccia, del 1894, A raccolta, 1899, Adveniat regnum tuum del 1912, che riunisce i quattro volumi più significativi della scrittrice. Nello stesso anno i suoi libri furono messi all’indice dall’intransigente Vescovo di Treviso che la dichiarò scomunicata, ma don Primo Mazzolari l’apprezzò molto e la difese con convinzione. Aveva capito che lei era già nel futuro e che la sua linea di condotta sarebbe stata quella vincente. Come giornalista, la Giacomelli fu redattrice del mensile L’Ora presente, a Roma, nel periodo in cui la sua famiglia per un dissesto economico s’era trasferita in quella città. Più tardi, all’epoca della fondazione dell’Unione Nazionale Giovani Esploratrici Italiane, diede vita ad un altro mensile, organo dell’Unione, Sii preparata, che ebbe molto successo.

La Giacomelli espresse un gran fervore di idee e di intensa partecipazione che facendo molti proseliti. Alcuni suoi pensieri, a proposito della Grande Guerra, suscitano però molte riflessioni:

«In questi giorni vado leggendo, con ansiosa commozione, delle innumerevoli manifestazioni di concordia e d’offerta,che il disastro nazionale ha mosso nel paese, con uno slancio che, nell’angoscia infinita, è conforto e promessa. […] Sodalizi di ogni ceto e d’ogni regione, che chiamano a raccolta per la resistenza e per i soccorsi ai profughi – socialisti ufficiali che sentono la voce della Patria – Vescovi, sacerdoti e Associazioni cattoliche che, per la Patria minacciata e per i fratelli infelici, fanno appello ai più alti sensi di disciplina e di sacrificio cristiano. […] E i tiepidi, gli egoisti, i pigri, gli imboscati, si scuoteranno ora? Gli insidiatori della guerra col veleno della parola, gli sfruttatori, gli avari, si ravvederanno? La prova immane si risolverà davvero in più alta redenzione?».

A distanza di un secolo, quell’entusiasmo che sembra animare le sue parole nel pronunziare la parola Patria non vibra più della stessa emozione. La guerra, poi, non è stata motivo di edificazione, ma di terribile distruzione. Questa è una certezza e nel tracciare un bilancio le illusionisi sono spente, lasciando un gran vuoto.

Gaetanina Sicari Ruffo

(www.excursus.org, anno VII, n. 68, marzo 2015)