Se tornasse Natale – Giacomo Cacciatore

CacciatoreSeTornasseNataledi LAURA MESA – A Palermo, nei dintorni del mercato di Ballarò, sembra un’afosa mattinata qualsiasi, impregnata dell’odore del pesce e confusa negli schiamazzi e nelle sagome della folla. Un bambino di nome Bruno attende il suo papà, Natale Lo Bianco, allontanatosi per andare a ritirare una torta con i pinoli per il suo ottavo compleanno. Le sue ultime parole furono di attenderlo in macchina: «“Cinque minuti. Contali che finiscono”. Ma Bruno di minuti ne avrà contati ormai almeno settanta moltiplicati per sette, e controllato a conteggio, con un guizzo dello sguardo, chi stesse andando o venendo dalla scala. Ed erano sempre persone e facce che non avevano niente di familiare. Non erano mai lui. Non suo padre. Non ancora».

In Se tornasse Natale (Baldini&Castoldi, pp. 198, € 16,00), Giacomo Cacciatore racconta la storia di un testardo e ingenuo bambino che attraverso la magia cela inconsapevolmente il vero motivo della scomparsa del padre, ma che al tempo stesso tenta di riportalo indietro, dalla propria famiglia che sembra essersi dimenticata della terribile tragedia vivendo nell’omertà. Natale Lo Bianco, mestiere vulcanizzatore e ladruncolo d’auto, era un uomo prudente, ma forse non abbastanza. Il romanzo descrive il grande vuoto che la sua figura ha lasciato nella vita di Bruno e come il lutto per quest’assenza viene minato dall’antagonista dell’orfano, il cantante Vicio Miraggio che, cacciatosi nei guai e pensando ai suoi comodi, cerca inutilmente di sostituire la sua presenza a quella di Natale Lo Bianco.

Tutti sembrano essere andati avanti, tranne il piccolo Bruno che aspetta che il mago Silvan, suo eroe televisivo, sciolga il sortilegio che tiene suo padre imprigionato lontano da lui. Il bambino, «scuotendo la bacchetta davanti a sé, con furia. Convinto di poter tagliare a morte la tristezza», crede infatti che la magia possa funzionare anche al contrario, per far riapparire le persone scomparse. La bacchetta magica trovata nella scatola dei giochi del mago Silvan è come quella di un maestro d’orchestra che, una volta mossa, aiuta Bruno a creare il proprio mondo surreale in attesa che il padre rientri una volta per tutte dalla porta di casa.

Alla fine però, negli ultimi capitoli, il giovane protagonista si trova di fronte a un nuovo palco, dove non vanno in scena le illusioni di un abile mago, ma la cruda realtà: «“Magia?” dice, piano, piegando la bacchetta. “No”, lo corregge una voce nasale alle sua spalle. “M-a-f-ì-a”». Per Bruno, tuttavia, questo termine resta ancora estraneo, astratto e incomprensibile, perché l’unica certezza è quella che Natale Lo Bianco non è tornato. La sua invisibile presenza, in un intreccio fra incantesimo e maledizione, sembra comunque avvertire il piccolo orfano ancora una volta: «“Non sai quali sono le vie giuste e quelle sbagliate”. “E se uno prende quella sbagliata? Che succede papà?” […] “Che succede, figlio mio? Succede che non si torna indietro”».

Celato dietro un velo di ironia, si afferma una vena noir, una tragica verità che non è più illusione e che viene dominata dalle regole della mafia. Il romanzo si articola tra criminalità e sguardo infantile, tra omicidi e ingenuità, mostrando, attraverso i dialoghi, gli animi e le coscienze dei vari personaggi, insieme alle numerose maschere e alle diverse psicologie che creano suspence ed emozione. La vita dei protagonisti si intreccia sotto un denominatore comune: Natale Lo Bianco. La sua scomparsa provoca reazioni differenti che alternano paura, sofferenza, voglia di rivalsa, rassegnazione e desiderio di verità. Se tornasse Natale attiva un meccanismo di simpatia e di supporto verso la figura di questo bambino di appena otto anni che, da solo, affronta la dura realtà di un mondo chiamato mafia e che, per un gioco di parole, lui si ostina a definire magia. Il romanzo si assapora in un sol boccone, ma è anche in grado di far restare col fiato sospeso, proiettando il lettore in una storia di continua ricerca e di ingenua speranza. L’autore usa uno stile molto diretto, come una rincorsa sincopata all’inseguimento di un fantasma che non potrà più tornare indietro sui suoi passi.

Laura Mesa

Giacomo Cacciatore è uno scrittore e giornalista nato nel 1967 a Polistena (Rc), ma che vive da sempre a Palermo. Ha collaborato con la Repubblica come corsivista e scrive ora per numerose riviste e siti web. Se tornasse Natale non è il suo primo romanzo: si ricordano L’uomo di spalle (Dario Flaccovio, 2005), Figlio di vetro (Einaudi, 2007), Salina. La sabbia che resta (Dario Flaccovio, 2010) e La differenza (Meridiano Zero, 2014).

(www.excursus.org, anno VIII, n. 75, settembre 2016)