Operazione Massacro – Rodolfo Walsh

di FEDERICA ONORARI – La storia dell’Argentina, come quella della maggior parte dei Paesi dell’America Latina, è una storia contorta, per molti versi misteriosa e ancora poco studiata nelle nostre scuole. Sono tanti i corsi e i ricorsi, il succedersi di presidenti, golpe e forme di governo.

Per capire quello che accadde e quello che oggi accade, per approfondire la conoscenza di un mondo che non è poi così lontano da noi, e che probabilmente gli stessi rapporti con gli Stati Occidentali hanno reso così, per addentrarci negli intrighi e nei giochi di potere, non c’è modo migliore che “vedere” tutto questo direttamente dal punto di vista di chi lo ha vissuto e ha trovato il coraggio di descriverlo.

Un uomo che ha scelto di raccontare è stato il giornalista e scrittore argentino Rodolfo Jorge Walsh in Operazione massacro (traduzione di Elena Rolla, La Nuova Frontiera, pp. 256, € 12,00): un’opera risalente al 1957, ma tradotta in Italia solo nel 2002, a testimoniare una scarsa attenzione verso questi eventi, forse considerati ancora troppo attuali per poterli analizzare con la dovuta obiettività.

Ma perché Walsh decise di esporsi contro il regime del periodo narrando fatti veri che potevano metterlo in pericolo? La sua investigazione iniziò da una frase sentita per caso durante una sera d’estate: «c’è un fucilato che ancora vive». Da questa affermazione, apparentemente insignificante, seguirono svariati incontri con le vittime e altri testimoni di un evento terribile, preso come modello di molti altri accaduti in quello stesso periodo e negli anni successivi in Argentina.

Operazione massacro racconta di un’esecuzione sommaria di alcuni uomini catturati in un edificio di un quartiere di Buenos Aires durante la notte del 9 giugno 1956. Proprio quella notte nella città si verificarono alcune insurrezioni peroniste contro la Rivoluzione Liberatrice e venne proclamata la legge marziale. Questi uomini fucilati, però, erano stati arrestati prima che essa entrasse in vigore; inoltre, non vi erano prove che fossero legati al peronismo e, addirittura, l’autore dimostra che la maggior parte di loro non condivideva idee rivoluzionarie.

Ma quello che stupisce di più è la linearità con cui Walsh riesce a presentare la sua investigazione, i dati raccolti e, allo stesso tempo, la forza delle immagini descritte. Ad esempio è significativa la figura stessa per cui ha deciso di approfondire lo studio del caso: «guardo quella faccia, il buco nella guancia, il buco più grande nella gola, la bocca spaccata e gli occhi opachi in cui fluttua ancora un’ombra di morte. E mi sento insultato». Questo è ciò che resta del viso del «fucilato che ancora vive», Juan Carlos Livraga, un ragazzo alla soglia dei ventiquattro anni, senza ideali particolari, che ancora non ha formato una sua famiglia e la cui vita è stata sconvolta da un errore, da una violenza gratuita.

Il libro è opportunamente diviso in tre parti e relativi paragrafi. Nella prima si parla delle persone coinvolte, giovani uomini, padri, lavoratori, e del motivo per cui si trovavano negli appartamenti perquisiti dalla polizia. Molti erano lì semplicemente per ascoltare una partita di boxe alla radio, per bere qualcosa e parlare. Pochissimi sapevano cosa stava per avvenire nella città e attendevano notizie, ma in ogni caso nessuno aveva intenzione di esporsi direttamente.

Nella seconda si riportano i fatti accaduti nella notte del 9 giugno e nei giorni immediatamente successivi, in cui si fa particolare attenzione alle vicende di coloro che erano sopravvissuti all’esecuzione. Ciò che colpisce in questi avvenimenti sono l’imprecisione della fucilazione, avvenuta in un quartiere vicino alle case e senza un vero ordine e rigore militare, il tentativo della polizia e delle autorità di cancellare le prove del loro errore e la presenza di vittime ancora vive.

Infine, nella terza parte, sono riportate le prove, i documenti della brutalità dell’evento e delle irregolarità con cui erano stati condotti l’arresto, la condanna e l’esecuzione, nonché svolgimento del processo, avvenuto grazie al coraggio che ebbe Livraga nel denunciare ciò che era accaduto. Interessanti le trascrizioni di parti originali della documentazione, che permettono di osservare le contraddizioni dell’atteggiamento del potere nei confronti del processo e la complessità della situazione argentina.

La quantità di dati, la loro accuratezza, il rispetto per le persone coinvolte, e anche l’ardire di dare un giudizio su coloro che avevano commesso questo e altri crimini contro il loro Paese in nome della libertà, non possono non stupire il lettore. Inoltre il succedersi degli eventi è reso spesso con tecniche cinematografiche che riescono a coinvolgere direttamente chi sta leggendo. Ma a fare da cornice e a rendere ancora più interessante questa indagine è la vita stessa dell’autore e le motivazioni che lo hanno spinto a scrivere.

Egli stesso ha ribadito, in diverse Prefazioni e Appendici all’opera [1], che la ragione più forte per la pubblicazione è stata la verità: non la volontà di prendere le difese di una parte politica anziché un’altra, non il successo, ma quella di denunciare un fenomeno sempre più forte in Argentina, la violenza, attraverso fatti veri e documentati.

La sua lotta gli fu fatale: il giorno prima che risultasse desaparecido, il 25 marzo 1977, infatti, inviò per posta una lettera alla Giunta Militare [2] in cui denunciava la mancanza di libertà di stampa e le violenze e soprusi che i cittadini argentini erano costretti a subire. Dunque una vita intensa, audace, risoluta, un autore capace di raccontare in modo interessante fatti che altrimenti sarebbero probabilmente rimasti nell’oblio e uno stile semplice, adatto a molti, per diffondere il più possibile la consapevolezza del male insito nello Stato. Un libro da leggere per appassionarsi a una storia per certi versi ancora nuova.

Federica Onorari

NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] – Cfr. RODOLFO JORGE WALSH, Operación masacre, Ediciones de la Flor, Buenos Aires, 1972.
[2] – IDEM, Carta abierta de un escritor a la Junta Militar, in Operación masacre, cit., pp. 225-236.

Nell’immagine di apertura: Rodolfo Walsh (tratta da minimaetmoralia)

(www.excursus.org, anno VII, n. 70, maggio 2015)