Heike riprende a respirare – Helga Schneider

SchneiderHeikeRiprendeRespiraredi ALICE MARCHIONNI – «La guerra cambia le persone e spesso anche i rapporti. Quando un marito è costretto a restare per anni lontano dalla moglie può succedere che l’amore si perda tra un attacco ed una ritirata, tra la paura per la propria vita e l’orrore per i compagni caduti. Può smarrirsi mentre si dorme continuamente all’addiaccio non sentendosi altro che un numero insignificante con l’unico dovere di dare all’occorrenza la vita per un Führer per cui si prova soltanto disprezzo. Può dissolversi tra odio e violenza, tra vigliaccheria e falso egoismo … ah cara Anna, lei non sa che cos’è quella vita!».

Heike riprende a respirare (Salani, pp. 124, € 10,00) di Helga Schneider è un romanzo che proietta il lettore in una dimensione di profonda desolazione, ritraendo il vuoto e lo sconforto insito negli animi degli abitanti di Berlino, città distrutta, all’indomani del Secondo Conflitto Mondiale.

Spiegare la guerra ai bambini, scriverne per una cultura della pace, che ancora non c’è: è questo l’obiettivo prefissato e raggiunto dall’autrice, la cui biografia è ampiamente nota, proprio come i suoi volumi. Nata in Polonia nel 1937, venne abbandonata, assieme al fratello Peter, dalla madre, che divenne membro delle Ss, sperimentando così sulla propria pelle la durezza della guerra.

Il libro, che costituisce dunque uno spaccato di vita, non si propone di descrivere il conflitto da un punto di vista storico, bensì le conseguenze che ebbe sul popolo berlinese e, in particolare, sull’ormai sventrato nucleo familiare di cui Heike, bambina di 10 anni, era un tempo protagonista.

La Schneider affronta tematiche forti e allo stesso tempo delicatissime – morte, distruzione, desolazione, suicidio, violenza – prima descritte in maniera impersonale, correlate alla città di Berlino e a figure del tutto anonime, poi proiettate nella vita di una figura ancora troppo piccola e fragile, verso la quale il lettore non può non provare affetto e compassione. La storia della ricostruzione della capitale tedesca procede, dunque, in parallelo ad una seconda ricostruzione, molto più lunga e complessa: quella del nucleo familiare della piccola Heike, dallo sfacelo culturale e privato di cui lei stessa è stata vittima.

Un romanzo che riflette il male che l’uomo è capace di infliggere al suo simile, che catapulta il lettore in una particolare e specifica situazione, permettendogli di comprendere l’orrore della guerra visto attraverso gli occhi di una bambina innocente. Il lettore è lì, a fianco di Heike, costretta a vivere, assieme ad una madre assente, nello scantinato della sua casa distrutta dalle bombe; è lì, paziente, che le stringe la mano e le accarezza i capelli nell’attesa del ritorno del padre dalla guerra; è lì, accanto a lei, quando la bambina, affetta da solitudine, cerca conforto nel “grande melo, l’albero del suo giardino.

La storia personale di Heike si mescola e si inserisce nella storia con la S maiuscola, che tutti abbiamo ampiamente appreso dai libri scolastici, analizzata però, in quest’opera, in un’ottica del tutto personale ed intimistica. Numerose sono le domande che balenano nella mente della ragazzina, alle quali solo il tempo potrà dare risposte: tornerà suo padre della guerra? La persona che si troverà di fronte, che potrà riabbracciare, con cui potrà parlare e in cui potrà trovare conforto sarà la stessa che è partita? Riuscirà nuovamente a riconoscere la figura paterna che c’è in lui? Potrà finalmente sentirsi protetta al suo fianco? E ancora, tornerà realmente tutto alla normalità? Heike potrà veramente “riprendere a respirare”?

Le città, gli edifici, le strade possono essere ricostruiti in fretta, ma la rielaborazione psicologica di ciò che ha portato a quello sfacelo è molto più lenta e delicata. Un libro che descrive, da un lato, il vuoto, l’assenza che seguì il conflitto mondiale, ma che, dall’altro, si fa portatore di una speranza ingenua e pura di cui solo i bambini e gli adolescenti possono essere portatori; la vita può e deve per Heike ricominciare. Da ragazzina quale era, la fine della guerra, accelerando il suo processo di maturazione, le infonderà un coraggio e una positività che si dimostreranno necessarie per la ricostruzione del suo nido familiare.

Alice Marchionni

(www.excursus.org, anno VIII, n. 74, luglio-agosto 2016)