Esca viva – Vera Ambra

di SILVIA GRANZIERO – Ci sono storie che vorremmo non fossero vere, perché sono così incredibilmente dolorose da lasciare un segno addosso anche a chi si limita a leggerle nelle pagine di un libro, a chi ha avuto una vita abbastanza fortunata da stentare a credere a quello che legge.

Una di queste storie è raccontata in Esca viva. Memorie di una vita incompiuta (Akkuaria, pp. 238, € 15,00) di Vera Ambra, i cui brevi capitoli trascinano il lettore attraverso i passi successivi dell’esistenza di Maria, giovane siciliana che impara a sue spese quanto dura può essere la vita. «Un bel giorno tutto avrà un senso. Quindi, per il momento, non farti deprimere dalla confusione, sorridi attraverso le lacrime e cerca di comprendere che tutto ciò che succede ha una ragione».

La citazione di Paulo Coelho in apertura appare paradossale non appena ci si immerge nella lettura, che fin dall’inizio catapulta il lettore in una vicenda ai limiti del sopportabile per la sua drammaticità; soltanto alla fine del libro, al termine di una sequenza di dolori sempre più grandi, di ferite sempre più profonde e insanabili, quando inizierà ad intravedersi un barlume di speranza per la protagonista, il senso della citazione potrà essere compreso appieno.

Esca viva ci trasporta nella Sicilia rurale del secolo scorso, dove Maria vive felicemente con i nonni, essendo stata lasciata da una madre che l’ha avuta troppo presto e non l’ha mai desiderata; una madre arrabbiata con tutti, che cerca ogni pretesto per litigare con i genitori, riprendendosi la figlia che sfrutta come un oggetto e facendola diventare ben presto la vittima del suo egoismo e della sua vanità.

Maria entra bruscamente in contatto con un mondo adulto malato e con un universo maschilista e violento, fatto di ignoranza, brutalità e silenzio. Incapace di capire il perché di tutti i dolori che le vengono inflitti – fisicamente e psicologicamente –, Maria si colpevolizza, si chiude nel silenzio, smette di mangiare e, ancora bambina, cerca di morire; capisce a poco a poco che la madre non solo sa quello che le capita senza muovere un dito per salvarla, ma la sfrutta senza scrupoli per tenersi stretto l’amante di turno.

Nonostante tutto, Maria la ama, e lo fa con l’amore incondizionato e senza pretese di una bambina affamata di affetto; la difende sempre e lo farà per tutta la vita. Appena adolescente, trova una via di fuga nel matrimonio e nel trasferimento all’estero, ma, ancora una volta, nel momento in cui è più fragile – lontana da casa, dipendente da un uomo e con un neonato da accudire per il quale non riesce a provare quell’amore che lei stessa non ha mai conosciuto – vede sfumare i suoi sogni romantici.

Inizia così una girandola di traslochi su e giù per l’Italia, ufficialmente per inseguire il posto di lavoro, di fatto cercando di afferrare una felicità che ogni volta si sposta un passo più avanti, mentre lei sprofonda un gradino sempre più in basso, in una catena di tragici eventi narrati da Vera Ambra con delicatezza e semplicità: l’unico vero amore spezzato da un destino crudele, e la successiva unione con un uomo malato di gelosia rovinata da problemi della sfera sessuale che Maria, avendo imparato da piccola il silenzio come unica possibilità di salvezza, non riesce ad affrontare.

Le tragedie di Maria non sono finite: rischia la morte a causa di un aborto che si è procurata, è continuamente picchiata e tradita dal marito, da cui è sempre più distante, e – proprio quando capisce che l’unica possibilità di salvezza sta nell’amore che può dare a suo figlio e che da lui può ricevere – il suo bambino le viene strappato, mentre su tutto incombe costantemente l’ombra dell’amante della madre, suo antico carnefice. Eppure, il libro si chiude con un bagliore di serenità.

Questo volume è nato nel contesto dell’attività di Vera Ambra di ascolto e difesa delle donne vittime di abusi e violenze di vario tipo e dall’incontro con la donna che ne è stata protagonista, a cui l’autrice dà il nome di Maria. Una tragica storia vera che testimonia le condizioni di disagio e degrado che l’esistenza umana può subire nel nostro Paese, anche al nostro tempo, corredata di un’Appendice che raccoglie i commenti di una specialista che nel suo mestiere si confronta con storie come questa (la pedagogista Valeria Lo Bianco) e di uno scrittore che conosce il contesto geografico e sociale in cui la vicenda si svolge (Erberto Accinni).

La tematica è, purtroppo, ancora drammaticamente attuale, e questo testo presenta un esempio estremo delle vite spezzate di tutti i bambini che subiscono, fin dalla più tenera età, violenze fisiche e psicologiche da parte di adulti ignoranti e incoscienti che spesso sono stati a loro volta vittime, e ne portano il peso per tutta la vita; ma soprattutto offre una chiara immagine di come una società omertosa, in cui non si può denunciare nulla di quello che si subisce – pena la vergogna, la colpa, l’emarginazione – ingigantisca il danno subìto, rendendo praticamente impossibile uscire da tale tremenda gabbia.

Proprio l’insistenza sull’elemento del silenzio è una costante di tutte le fasi della vicenda di Maria, che però fa intravvedere al lettore – e anche, perché no, alle vittime come lei – che ribellarsi, sfruttando la potente arma della parola, può aprire una speranza di uscirne.

L’autrice

Vera Ambra nasce nel 1950 ad Acireale e opera nel sociale per lungo tempo, a partire dall’attività in ambito ambientalista negli anni ’70, interessandosi poi di situazioni difficili in collaborazione con gli assistenti sociali del Tribunale dei Minori di Catania; parallelamente, oltre a fondare una associazione di volontariato che opera nei quartieri a rischio della città siciliana, collabora con la televisione locale e porta avanti l’attività poetica e artistica dando l’avvio, nel 1993, alla collana editoriale di poesia La luna nel secchio. Nel 2001 Vera Ambra fonda l’Associazione “Akkuaria”, che si occupa di promozione culturale tramite internet, e nel 2012 è nominata Responsabile del Dipartimento Affari Sociali della Provincia di Catania.

Silvia Granziero

(www.excursus.org, anno VII, n. 68, marzo 2015)