Sovranità – Lorenzo Petrosillo

PetrosilloSovanitaTeologiadi GIUSEPPE LICANDRO – La categoria politica di “sovranità” è stata oggetto di accurate indagini storico-filosofiche volte a individuarne la derivazione e l’evoluzione. Per molto tempo la sua genesi è stata attribuita al filosofo francese Jean Bodin, il quale nel saggio I sei libri dello Stato (1576) definì la souveraineté come «quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello Stato».

Studi più recenti hanno retrodatato l’ideazione del concetto di sovranità agli inizi dell’era volgare, in particolare ai secoli IV e V, quando la tradizione romana si fuse con la filosofia cristiana, influenzando la cultura dei popoli germanici che stavano invadendo l’Impero d’Occidente. All’interno di questo filone interpretativo si colloca il saggio Sovranità. Teologia e sacro alle origini di una categoria politica (Edizioni Saecula, pp. 148, € 16,00) dello studioso Lorenzo Petrosillo.

L’autore – nella Prefazione – spiega che l’intento del libro consiste «nell’offrire da un lato una panoramica selezionata delle idee di potere sorte in ambito cristiano (latino e greco) in quei secoli remoti; dall’altro, nel proporre talune interpretazioni di quelle idee in relazione alla realtà politico-istituzionale dell’epoca e nel cogliere […] l’originalità dell’innesto teologico del cristianesimo sul potere giuridico romano».

Lo scontro tra Impero e cristianesimo

All’inizio del volume, l’autore spiega che il diritto romano presentava un’ambivalenza sostanziale «circa l’origine, il fondamento e l’estrinsecazione del potere politico sovrano». Da un lato, era diffusa l’idea che il potere politico traesse «la propria origine e legittimità da se stesso», in accordo con la lex naturalis. Dall’altro, si riteneva anche che il princeps dovesse ricevere l’approvazione da parte della plebe capitolina sul modello di Giulio Cesare, «amico e vessillifero dei populares».

Con l’avvento del cristianesimo, le idee autocratiche dovettero fare i conti col «principio teocratico della sovranità divina», che postulava l’esistenza di un potere ultraterreno, dal quale gli imperatori ricevevano la propria legittimazione politica. Fu Paolo di Tarso il primo ad affermare esplicitamente, nella Lettera ai Romani (55 circa), che «non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio». L’apostolo, tuttavia, esortò i cristiani a non ribellarsi al potere imperiale, ritenendo che ogni buon suddito dovesse sottomettersi alle autorità costituite.

La Prima lettera di Pietro (62 circa), pur contenendo un’esortazione affinché i cristiani si assoggettassero «a ogni istituzione umana per amore del Signore», invitava però i fedeli a comportarsi «come uomini liberi»: secondo Petrosillo, l’epistola di Pietro rappresentò l’inizio di un «nuovo percorso di teologia politica» che avrebbe in seguito affrancato l’idea di sovranità «dalla rigida dottrina della omnis potestas a Deo».

Nel cristianesimo dei primi secoli fu sempre presente «una ostilità irriducibile nei confronti del mondo pagano» che si estese anche alle istituzioni politiche, soprattutto a causa delle persecuzioni anticristiane che ebbero inizio nel 64 con Nerone e cessarono solo nel 311, durante il regno di Galerio.

Gli apologisti cristiani si fecero interpreti del malessere della loro comunità: fu Taziano, in particolare, ad attaccare duramente la cultura pagana nella Oratio adversus Graecos (170 circa), enunciando a chiare lettere cosa avrebbe fatto nel caso in cui Roma gli avesse ordinato di rinnegare Cristo: «non obbedirò, e piuttosto morirò per non rivelarmi menzognero e irriconoscente».

Tertulliano, nel De idolatria (211 circa), rimarcò l’estraneità del cristianesimo nei confronti del mondo pagano e, subendo l’influsso della setta intransigente dei montanisti, attaccò le autorità romane perché erano «non solo […] lontane e aliene a Dio, ma a Lui chiaramente nemiche». Il filosofo cartaginese, in precedenza, aveva assunto posizioni meno rigide e, nell’Apologeticum (197), aveva indicato ai suoi confratelli «la strada della lealtà […] al potere costituito», attribuendo agli imperatori «l’autorità che Dio volle».

Nuovi rapporti tra Stato e Chiesa

Dopo che gli editti di Serdica (311) e di Milano (313) assicurarono la libertà di culto ai cristiani, il loro atteggiamento nei confronti del potere costituito mutò radicalmente. Il “cattolicesimo” lentamente s’istituzionalizzò fino a diventare, con l’editto di Tessalonica (380), la religione di Stato: la Chiesa, perciò, non assunse più atteggiamenti apertamente ostili verso l’Impero, che anzi «si poneva al servizio della nuova fede».

Basilio di Cesarea fu il primo filosofo cristiano a congiungere «la città politica degli uomini all’ordine naturale del creato», recuperando l’istanza aristotelica dell’uomo come «animale politico e sociale». Nella raccolta di nove omelie dal titolo Sulla Genesi (377), Basilio affermò che il potere politico, traendo la sovranità da Dio, dovesse perseguire «il fine del bene comune»: l’imperatore, ispirato dalla divina provvidenza, aveva il compito di guidare rettamente i cristiani, i quali avevano l’obbligo di obbedirgli.

Eusebio di Cesarea, nei due discorsi che compongono l’Elogio di Costantino (366), giunse persino a osannare l’imperatore Costantino I come capo della religione cristiana, poiché il sovrano aveva presieduto il Concilio di Nicea (325), alla fine del quale era stata condannata l’eresia di Ario che subordinava il Figlio al Padre, negandone la “consustanzialità”.

Le tesi “cesaropapiste” di Eusebio, però, suscitarono la sdegnata reazione di altri dottori della Chiesa, tra cui Ambrogio di Milano e Agostino d’Ippona, che viceversa rivendicarono «la superiorità morale della fede cattolica e della Chiesa istituzionale sull’apparato governativo», assumendo posizioni talvolta critiche nei confronti del potere imperiale.

Ambrogio, infatti, si oppose varie volte alle decisioni dei sovrani. Nel 386 Valentiniano II concesse la libertà di culto ai seguaci di Ario e intimò al vescovo di cedere agli ariani la basilica nova di Milano, ma dovette recedere dai suoi propositi e scendere a patti con Ambrogio, sostenuto in tale circostanza, da una parte dell’esercito e dal popolo milanese.

Il vescovo si scontrò due volte anche con Teodosio I, ma in entrambi i casi «il confitto dottrinario-politico fu superato col cedimento del potere imperiale»: nel 388, alcuni cristiani incendiarono una sinagoga nella città siriana di Callinico e furono obbligati a ricostruirla a spese loro, ma Ambrogio protestò vibratamente e, minacciando di sospendere le funzioni religiose a Milano, ottenne la revoca del provvedimento; nel 390 Teodosio dovette sottostare a una penitenza pubblica per farsi perdonare la strage compiuta a Tessalonica contro la popolazione locale, rea di aver linciato il magister militum.

Le “due città” di Agostino

Agostino, pur non dedicando una trattazione specifica ai fondamenti del potere politico, affrontò l’argomento nel De civitate Dei (413-426) e ricondusse la genesi dello Stato alla «dimensione misterica e imperscrutabile della volontà sacra», facendo in particolare riferimento alla “caduta” di Adamo dall’Eden e al suo ingresso nella vita terrena, che segnò l’inizio della storia umana.

L’accentuato pessimismo antropologico indusse Agostino a considerare «inique, perverse e malvagie tutte le estrinsecazioni e le esteriorità della vicenda storica umana»: la politica, infatti, era frutto dello scellerato gesto con cui Adamo aveva disobbedito a Dio. Il vescovo di Ippona condannò apertamente i grandi imperi dell’antichità, accomunati dal malvagio proposito di «portare guerra ai popoli confinanti e di qui passare a nuove conquiste […] unicamente per brama di potere», ritenendo che la Civitas terrena fosse il prodotto degli istinti peggiori dell’uomo, volti alla ricerca del «mero utilitarismo e edonismo».

La stirpe umana, tuttavia, era stata in grado di costituire le istituzioni politiche che avevano garantito nei secoli l’ordine sociale: nonostante i loro difetti, dunque, gli imperi pagani erano da preferire al caos dell’anarchia barbarica, perché – anche se parzialmente – perseguivano il “bene comune” e apparivano dignitosi agli occhi dei cristiani.

Agostino, pur riconoscendo i meriti di alcuni imperatori come Costantino e Teodosio, non arrivò mai a sacralizzarne il potere, perché nessuno Stato, anche se cristianizzato, avrebbe potuto costituire la «santa comunità cristiana»: la Civitas Dei si sarebbe realizzata compiutamente solo dopo l’avvento dell’Apocalisse, da lui ritenuta imminente.

L’Impero Cristiano, comunque, si dimostrò uno strumento efficace per contrastare il paganesimo e combattere gli eretici, inducendo la Chiesa a «collaborare fattivamente con questo Stato» con l’obiettivo di «“santificarlo” dall’interno». San Girolamo fece notare nella Lettera a Leta (400 circa) come «le insegne della croce» ornassero i «vessilli militari», a riprova che il cristianesimo era ormai diventato la principale base di legittimazione del potere politico.

Il carattere sacrale dell’imperatore fu molto enfatizzato nell’Impero d’Oriente, dove si pensava ancora che il βασιλεύς – eletto secondo una complicata procedura che coinvolgeva il popolo, l’esercito e il senato – ricevesse «la potestà imperiale da Dio» e potesse per questo interferire «in questioni schiettamente teologiche e dogmatiche».

La “dottrina delle due spade”

Il legame che univa la Chiesa agli imperatori occidentali s’incrinò alquanto nel V secolo, in seguito alle invasioni barbariche e al tracollo della Roma dei Cesari. Alcuni filosofi cristiani provarono a rifondare su nuove basi teoriche il binomio Stato-Chiesa, tentando così di arginare la decadenza che, dopo il Sacco di Roma compiuto dai Visigoti di Alarico (410), tormentò gli ultimi decenni di vita dell’Impero d’Occidente.

Mentre a Costantinopoli i βασιλεῖς seppero resistere alle pressioni germaniche, in Italia il vescovo di Roma finì per supplire al fiacco potere imperiale. Fu il pontefice Leone I a testimoniare la grande forza morale acquisita dalla Chiesa, quando arrestò l’avanzata degli Unni di Attila in Italia (452) e riuscì a moderare le pretese dei Vandali di Genserico che avevano nuovamente occupato Roma (455).

Leone I introdusse il concetto giuridico di plenitudo potestatis, attribuendo al proprio ufficio pastorale «una posizione di sovranità politica di diritto divino all’interno dell’organizzazione ecclesiastica»: il papa, derivando la propria autorità direttamente dall’apostolo Pietro, si sottrasse al controllo degli altri vescovi, elevandosi al livello degli imperatori.

La potenza dei pontefici romani fu magnificata da papa Gelasio I, il quale, nell’Epistola XII (494) inviata all’imperatore bizantino Anastasio I, espose la “dottrina delle due spade”, che traeva spunto da un brano del Vangelo di Luca, in cui si narra che Cristo, prima di entrare nell’orto dei Getsemani, avesse autorizzato gli apostoli a munirsi di due spade.

Gelasio attribuì al passo biblico un significato esplicito: due erano i poteri su cui si doveva reggere la società cristiana, «la sacra autorità dei vescovi e la potestà regale». Egli, inoltre, distinse l’auctoritas della Chiesa (che aveva il compito di dettare le regole morali) dalla potestas dell’Impero (che provvedeva al governo dei sudditi), gettando le basi per la futura separazione dei poteri (legislativo ed esecutivo) dello Stato.

La concezione dei “due poteri” ebbe enorme successo nell’Europa Medievale e fu alla base della “lotta per le investiture” che contrappose papi e imperatori nei secoli XI e XII, ma non sortì particolari effetti nel mondo bizantino, dove il βασιλεύς mantenne inalterato il proprio ruolo ieratico e “cesaropapista” fino alla caduta dell’Impero d’Oriente (1453).

Petrosillo, in conclusione dell’interessante ricerca sulle origini del concetto di sovranità, ricorda che l’Occidente e l’Oriente, all’inizio del Medioevo, svilupparono idee differenti in merito alle relazioni tra Stato e Chiesa e, pertanto, «le riflessioni sulla sovranità politica nelle due parti dell’antico Impero di Augusto si sarebbero definitivamente scisse per seguire due distinti itinerari».

Giuseppe Licandro


(www.excursus.org, anno VIII, n. 73, giugno 2016)