Opinioni di un clown – Silvia Aquilini

AquiliniOpinioniDiUnClowndi ANDREA F. FRANZINI – Colori, fumetti, battute e pensieri sono i passi che danno forma alle Opinioni di un clown (Nuova S1, pp. 366, € 20,00) raccolta di vignette curata da Silvia Aquilini ed edita da Nuova S1. Nato dall’idea di pubblicare su Facebook una vignetta al giorno, questo libro offre, in pillole, gli insegnamenti della Clownterapia che si muovono tra il serio e lo spensierato.

Con lo spirito di un calendario natalizio viene raccontato ai bambini che vivono la quotidianità degli ospedali, il senso di responsabilità verso gli impegni presi, la cura con cui dedicarsi agli animali, l’importanza di ridurre gli sprechi e la calma con cui si può piangere, perché «le lacrime puliscono i pensieri». 365 pagine più una per affermare che talvolta la tristezza non fa male: alcuni giorni, come il 4 aprile, si combattono le giornate NO pensando «a tutti i grandi SI della mia vita»; altri, come il 19 giugno ci insegnano che «quando è impossibile eliminare ciò che non mi piace o mi fa paura imparo a conviverci».

Il clown, a metà strada fra il compagno di giochi e la guida, con le corsie di bambini sempre in mente, il 24 aprile ci dice che «ricevere un rifiuto non significa essere rifiutati da tutto il mondo». Si può affrontare la paura senza scappare, perché a volte «quando ti perdi devi organizzarti per aspettarti anche per molto tempo». Per questo, dal 22 gennaio, «quando ti perdi…fermati e aspettati». Si può vivere la tristezza ed attendere che passi perché esiste un punto fermo irremovibile che fa da spina dorsale e consente anche al bambino di rimanere saldo dal primo giorno dell’anno: la certezza che chi ami ti ricambi, «che bella sensazione quando in un abbraccio si perde la cognizione di qual è il tuo cuore e quello dell’altro».

L’autrice propone la dimensione affettiva, nella sua reciprocità, come lo scudo che permette al clown bambino di confrontarsi con temi difficili e lezioni importanti, perché la vita in corsia dei figli non esula i genitori dal compito di educatori, anzi essa rende ancor più necessario fornire valori ed esempi. Formare i caratteri ed impartire un’educazione relazionale e civile significa per un clown ricordare ai bambini che le parole non contano senza le azioni, che le promesse vanno mantenute e le persone ringraziate, perché «ogni grazie è la conferma che qualcuno si è preso il disturbo di contribuire alla tua felicità».

L’8 luglio mette in guardia dalla corruzione poiché essere proprietario dei pensieri «ti servirà per non perderti», il 19 gennaio dalla pesantezza di rabbia, rancori e invidia perché «senza di loro si vola meglio».

Non solo, il 23 maggio si raccomanda ai piccoli pazienti di coltivare i propri doni e non sprecarli, il 28 gennaio di dare valore alla vicinanza, vista «la bellezza della lacrima che si forma guardando la fotografia di una persona che ti manca», perché «è bello avere accanto chi si preoccupa che la notte tu stia caldo e non ti senta solo». Smussare la solitudine richiede un lavoro di volontà non indifferente. Il 3 marzo, per accorciare le distanze con gli altri dall’India, si svela una verità: «prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe».

Il ponte con l’Altro insegna condivisione e solidarietà, ma permette anche di riscoprire la dolcezza della solitudine: lo si comprende “aspettandosi”, scoprendo che alcuni libri esprimono uno stato d’animo senza bisogno che lo si racconti, o semplicemente trovando il tuo pezzo di cielo preferito, perché «ci sono luoghi dove le stelle brillano di più».

Nella chiarezza immediata di disegno e aforisma, si alternano disarmanti sentimenti e comportamenti fino al «tempo di inventari, di qualunque tipo», che cade il 31 dicembre.

Lo fanno senza mai sovrapporsi, creando l’equilibrio che dà il vero senso del libro: il 23 agosto si consiglia di «imparare quando è il momento di stare zitti perché le parole non servono più»; il 13 settembre ricorda il sacrosanto diritto di esprimere lo sdegno, anche perché «rimanere in silenzio davanti alle ingiustizie è arrendersi all’infelicità».

L’1 settembre è invece il giorno che raccomanda l’umiltà, poiché «è il primo gradino del sapere». Tanti moniti, che però non vietano di sbagliare, perché in fondo «mi arrabbio quando gli errori degli altri sono simili ai miei, quindi, alla fine, mi arrabbio con me stesso», e infine il 31 agosto assicura che «chi ti vuole bene vince il buio!», anche perché, dopotutto, «farsi schiacciare dai sensi di colpa non aiuta a migliorarsi».

Quelli espressi in questo libro sono capisaldi semplici ma necessari, a maggior ragione se accompagnano il cammino di un bambino che si rapporta ad una realtà dura come quella ospedaliera. Continueranno poi ad accompagnarlo in quello che si spera sia il suo ingresso in un mondo più bello, perché privo della malattia, ma non per questo meno complicato: quello della vita adulta.

I messaggi espressi in questo volume possono essere ricondotti, nel loro significato più profondo, all’importanza di coccolarsi e all’attenzione con cui bisogna prendersi cura di sé. Anche solo cercando «un posto dove parlare con noi stessi», perché «la serenità è la tua bellezza interiore» e a volte non è necessario chiedersi il perché si è felici, «il segreto è avere il sole dentro».

Intervista a Silvia Aquilini

Cosa ti ha spinta ad avvicinarti per la prima volta ai clown di corsia?

Da tempo cercavo un modo di fare qualcosa per gli altri, ma, come un vestito, non tutti ti stanno bene addosso e ho dovuto scoprire quale mi calzasse a pennello. Ognuno di noi è predisposto per alcune cose, mentre ad altre è totalmente inadatto. Indossando la maschera più piccola del mondo, il naso rosso, mi è permesso affrontare qualsiasi tipo di argomento con la semplicità e la genuinità del fanciullo che ci portiamo dentro. Il candore e la purezza è vincente davanti a tutti, bambini e non, tanto che noi siamo al servizio anche di adulti e anziani.

Come si diventa clown di corsia?

“Viviamoinpositivo”, l’associazione di cui faccio parte, organizza dei colloqui di selezione, dopo il quale si accede al corso base lungo tre giorni. La preparazione continua due sere al mese per tutti i clown, vecchi e nuovi. La formazione costante è molto importante, perché questo tipo di volontariato tocca corde molto profonde e innesca molti cambiamenti anche nella normale vita quotidiana. Serve per avere sempre nuovi spunti, alcune serate sono dedicate alla micromagia, all’improvvisazione e allo stesso tempo ci aiuta e ci protegge.

In che senso?

Una delle regole base di questo tipo di servizio è non instaurare rapporti troppo intimi con i pazienti. Questo serve a proteggerci e a non portare a casa dei “pesi” dopo il servizio. Quando si è all’inizio e ancora non si è capaci di mantenere un certo distacco, alle volte capita di non riuscire a staccarsi da certe situazioni dolorose. Non possiamo permettercelo; se ci facessimo coinvolgere troppo, non saremmo più in grado di portare quell’allegria e quella leggerezza che sono alla base del nostro volontariato.

Questa direttiva accomuna clown di corsia e medici. Un rapporto di fiducia con i pazienti non potrebbe rivelarsi un supporto psicologico e terapeutico?

Non abbiamo competenze mediche tali da rendere il nostro operato tecnicamente terapeutico, ma conosciamo la forza del sorriso e quello che a livello fisico può scatenare dentro ognuno di noi: una risposta più pronta del sistema immunitario, un aumento delle endorfine che combattono la depressione e agevolano il controllo del dolore, permettendo la riduzione di analgesici, dei tempi di degenza e di miglioramento clinico, il tutto allenando 15 muscoli del viso in un colpo solo.

La raccolta di vignette racconta come distrarsi dalle difficoltà e quando affrontarle di petto. Qual è la qualità che apprezzi di più della clownterapia?

La chiave dei clown è la semplicità. è questa che permette di trasmettere con leggerezza messaggi che, in altro modo, non verrebbero percepiti: l’importanza di un sorriso, il valore delle piccole dimostrazioni d’affetto, il vivere il “qui e ora”, l’attenzione, il saper comprendere gli stati d’animo degli altri, il rispetto e tanto altro.

Nella tua esperienza, cosa rende migliore un clown di corsia?

Gli stessi sforzi che i clown propongono ai pazienti: l’ umiltà, il rispetto, il mettersi al servizio degli altri senza sentirsi dei “supereroi” e l’empatia.

Qual è la tua vignetta preferita?

Sicuramente la prima, quella del 1 gennaio: «che bella sensazione quando in un abbraccio si perde la cognizione di qual è il tuo cuore e quello dell’altro». In quella vignetta c’è, a mio parere, il vero senso della vita: amore, vicinanza, condivisione. Se tutti sentissimo il cuore delle altre persone battere come se fosse il nostro, credo che molte guerre non si combatterebbero e contribuiremmo al benessere e alla felicità degli altri, perché sarebbero anche i nostri.

Andrea Francesca Franzini

 (www.excursus.org, anno VIII, n. 73, giugno 2016)