George Orwell: quando l’utopia si avvicina alla realtà


di STEFANIA BOSCHINI – Conosciuto per la visione utopica del mondo, il nome di George Orwell rimane indelebile nella memoria collettiva. La sua peculiarità risiede nella dichiarata opposizione al totalitarismo: l’individuo obbedisce a norme e regole perché bendato dall’illusione di un Governo giusto.

Eric Arthur Blair (così all’anagrafe) nasce nel 1903, in Bengala, da famiglia scozzese. Dopo essersi trasferito a Londra per studiare, abbandona il college per seguire la strada del padre. Nel 1922 si arruola nella Indian Imperial Police, dimettendosi qualche anno dopo, traumatizzato da tale istituzione. Decide perciò di dedicarsi a lavori più umili che gli permetteranno di conoscere le condizioni di vita delle classi subalterne di città come Parigi e Londra. Durante il Secondo Conflitto Mondiale, George Orwell collabora con la Bbc e cura una serie di trasmissioni propagandistiche dirette all’India e, successivamente, diviene corrispondente di guerra dalla Francia, Germania e Austria per conto del quotidiano inglese The Observer. Partecipa attivamente alla Guerra Civile di Spagna conoscendo sempre più i meccanismi di potere dei dittatori, che lo porteranno a realizzare saggi e romanzi ricchi di critiche vivaci. La vita dello scrittore però termina precocemente: muore di tubercolosi a soli quarantasei anni.

George Orwell in Italia è ricordato principalmente per i suoi romanzi utopici – La fattoria degli animali e 1984 –, ma ha dato un gran contributo anche nel campo della saggistica con più di quaranta testi (diari di guerra, testimonianze, scritti critici su arte e società, testi autobiografici), affrontando temi a lui cari come povertà, ingiustizia, totalitarismo, guerra e socialismo. Lo scrittore esamina attentamente ogni tipo di condizione umana soffermandosi sui soprusi subiti dall’uomo comune per conto dei “potenti”, rivelando il suo disprezzo per quest’ultimi.

Nonostante affrontino temi ostici e tediosi, i libri di George Orwell mantengono viva l’attenzione grazie all’emergere di una verità di fondo: le vicende hanno, al loro interno, una morale, situazioni palpabili e non così utopiche. Con una distinguibile architettura narrativa, l’autore crea mondi paralleli la cui eccessività spicca da ogni pagina, portando il lettore a riflettere sulla società in cui vive, qualunque essa sia. Allo stesso modo, sorge il timore che tutto ciò che sta leggendo possa accadere, trovando riscontro in ciò che è realmente accaduto. Mantenendo un linguaggio semplice, prende spunto dai suoi vissuti; lo scrittore riconosce le menzogne provenienti dai piani alti e mostra al lettore come queste si celino dietro a promesse, regole per il bene comune, valore delle gerarchie e amore per la patria.

La Fattoria degli Animali (1945) è prima di tutto una satira sia sul totalitarismo di Stalin sia sugli eventi bellici accaduti durante la vita dello scrittore. È un’opera che appare come una favola per bambini: al principio della vicenda gli animali si ribellano all’oppressione degli uomini ma successivamente ciò non sembra bastare: da «tutti gli animali sono eguali» a «tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono più eguali degli altri».

Il titolo 1984 (1949) indica l’anno nel futuro in cui sono ambientate le vicende narrate. Quest’opera viene considerata come un esempio di utopia negativa trattando un futuro cupo. Tale romanzo fantascientifico presenta un ancor più evidente critica al regime socialista. Dando vita a un mondo diviso in tre macro-nazioni che si contendono un territorio, George Orwell immagina una Terza Guerra Mondiale, alla fine della quale a capo delle nazioni vi è Il Grande Fratello: nessuno sa chi sia o che fisionomia abbia, ma lui vede e conosce tutti.

George Orwell già negli anni Cinquanta proiettò una realtà utopica non così lontana da questa epoca, dove la fragilità degli Stati, la dittatura sempre alle porte e il controllo degli individui in ogni azione sono paure costantemente presenti.  

«Perché l’uomo comune è passivo. All’interno di un cerchio ristretto… si sente padrone del proprio destino, ma di fronte ai grandi avvenimenti è impotente quanto di fronte agli elementi. Quindi, anziché tentare di influenzare il futuro, si mette giù e lascia che le cose gli succedano».

Stefania Boschini

(www.excursus.org, anno IX, n. 83, giugno 2017)