Demasiado – Sandro Medici

di JENNIFER CARRETTA – «Fu così che un cospicuo numero di ragazze e ragazzi italiani attraversò prima il Mediterraneo e poi l’intero Atlantico. Un viaggio nella speranza d’incontrare qualche verità politica. Una verità che questi giovani temo non trovarono, se non a tratti e in qualche frammento. Ma inseguendola forse capirono che non ne esiste una soltanto, ma tante e diverse, e che per questa ragione capire come va il mondo è davvero difficile» (p. 19). Sandro Medici

Sandro Medici è stato uno di quei giovani ragazzi italiani che nel lontano agosto del 1978 si imbarcarono sulla Sobinov nel porto di Genova, diretti a Cuba, dove si sarebbe svolto l’undicesimo festival internazionale della gioventù comunista. Demasiado. La crociera dei rivoluzionari mancati (Derive Approdi, pp. 220, € 15,00) è un ricordare e un raccontare quei tredici giorni di navigazione da Genova a L’Avana, con tappa a Barcellona e a Lisbona, attraverso il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, lungo una «rotta per il nuovo mondo» (p. 21) di 9000 chilometri, che portò all’incirca mille giovani militanti di sinistra sul mitico suolo cubano. Nuovo mondo da intendersi non solo come continente americano, ma anche come frutto della rivoluzione che aveva profondamente mutato il modo di percepire il comunismo e la sua attuazione politica. È un rivivere l’atmosfera di quel festival, che per la prima volta nella storia si svolgeva in America, a Cuba, con i suoi sapori caraibici, il mare cristallino, i quartieri della periferia de L’Avana, i resti di quello che era stato il dominio statunitense, le musiche e i balli e le persone, con il loro calore e il loro entusiasmo quasi imbarazzante, e tutte le contraddizioni politiche di quel periodo.

Non è necessario avanzare supposizione sul perché del titolo, dal momento che Sandro Medici stesso ce lo spiega, e lascia intendere che non ha a che fare soltanto con la politica, ma anche con il ricordo di un dolce sentimento rimasto relegato a quella crociera. «Demasiado – scrive – mi piaceva, era una parola che non solo parlava, soprattutto suonava. Anche allora avevo più o meno colto cosa significasse, si riferiva al troppo, all’eccesso. Con il tempo ho capito che c’è anche dell’altro in quel significato. Si allude al bisogno che diventa desiderio, alla necessità che diventa avidità. Non è soltanto una parola evocativa e molto musicale, ma anche un concetto: ha a che fare con l’ingordigia del sentimento, con quell’inconfessabile, a volte straripante ricerca del piacere che si dilata fino a sconfinare in un impulso trasgressivo che genera senso di colpa. Una bulimia emotiva, un’eccedenza sentimentale, un godimento vorace».

Ma tralasciando il sentimento, demasiado è proprio ciò che accade durante quello che dovrebbe essere un viaggio politico e che si rivela invece una crociera con tanto di giornate in piscina, abbuffate al ristorante, tornei sportivi, intrattenimento serale e baldoria notturna. I giovani delegati agli occhi dei sovietici appaiono come una banda di attaccabrighe fuori controllo e non come la migliore rappresentanza dei giovani politici della sinistra europea. Non mancano gli scontri, ideologici o semplicemente personali, che vedono contrapporsi modi diversi di percepire il pensiero politico e di esprimerlo. Per i ragazzi le proteste sono il principale mezzo di militanza e le discussioni la base su cui fondare il pensiero critico, mentre per gli organizzatori sovietici ciò che conta è mantenere la disciplina e far prevalere la loro autorità. Sia a bordo della nave sia all’interno degli stati di stampo sovietico-comunista, tutto ciò che è diverso da ciò che loro ritengono ideologicamente corretto, viene all’istante censurato «pensando che il mondo sia stato già cambiato a sufficienza e che dunque sia necessario difenderlo da flussi e movimenti considerati controrivoluzionari, oltreché da inganni, perdizioni e malvagie eresie» (p. 67).

Lo stile di Sandro Medici presenta caratteristiche fisse e facilmente riscontrabili in tutto il romanzo. Alterna momenti di gustosa narrazione, ben elaborata e dal ritmo incalzante, a momenti di riflessione sulle vicende storiche, sociali e politiche di quegli anni e di quelli che seguirono, in modo da far comprendere meglio il contesto narrativo anche a coloro che non conoscono le dinamiche sociopolitiche della seconda metà del secolo scorso. In alcuni tratti del racconto l’autore si abbandona invece a lunghi e puntigliosi elenchi caratterizzati da frasi paratattiche, spesso nominali, e dal lessico accuratamente selezionato al fine di sfociare, attraverso l’eccesso, anche nel comico. Esempi di tale tecnica sono la descrizione delle infinite varianti con cui i sovietici servono i cetrioli durante tutti i pasti, colazione inclusa, o l’abbigliamento dei giovani crocieristi durante le loro giornate a bordo piscina.

Sandro Medici riesce a individuare ciò che è veramente stato quel transatlantico, ovvero il luogo in cui è confluito il variegato mosaico politico della sinistra, che proprio in quegli anni vide l’egemonia sovietica perdere di potere a favore dello schieramento critico, aperto al dibattito, all’innovazione, alla perfettibilità di ciò che può essere ancora migliorato. L’internazionale del 1978, come analizza brillantemente lo scrittore, si è rivelata un punto di rottura, l’inizio del tracollo sovietico conclusosi all’incirca dieci anni più tardi,poiché vide riunirsi al suo interno tutti quei gruppi separatisti e di protesta che erano rappresentanze della sinistra, ma non di quella storica europea con cui da sempre i sovietici avevano mantenuto un equilibrio.

La Sobinov si presenta insomma come un piccolo pianeta galleggiante nel quale domina un ideale in apparenza uguale per tutti, ma in realtà diverso da gruppo a gruppo, se non addirittura da individuo a individuo. Nello stesso tempo sembra racchiudere anche tutti i motivi per cui l’idea socialista ha fallito, accogliendo al suo interno chiunque senza riuscire a creare nell’individualità una vera forma di socialità.

C’era lo spirito, c’era la voglia di cambiare il mondo, c’era la determinazione in ogni piccola battaglia, ma poi, quando arrivava il momento di fare il passo in più, quello che costava più fatica, ecco che quelli che sarebbero potuti essere dei grandi rivoluzionari si rassegnarono al mondo così com’era, perché «la rivoluzione la facciamo quando capita, e comunque più tardi» (p. 38).

Jennifer Carretta Sandro Medici

(www.excursus.org, anno IX, n. 85, agosto 2017)  Sandro Medici