Il figlio del boia – Katia Brentani

di MARTINA MONTI – «La morte fa parte della mia stessa vita» afferma Bastian Vailant, il giovane protagonista de Il figlio del boia (Damster Edizioni, pp. 170, € 13,00) che racconta la sua storia in prima persona: siamo nella Francia della pena capitale, un periodo in cui esecuzioni pubbliche e teste mozzate erano all’ordine del giorno.

Ma cosa significava essere un boia? Katia Brentani, giovane scrittrice bolognese, ci fa entrare a piccoli passi nel misterioso mondo della famiglia Vailant, in cui il mestiere del tagliatore di teste si trasmette da generazioni e sembra non esserci alcuna via d’uscita, nemmeno per il giovane Bastian.

Il titolo del libro è l’appellativo con cui il protagonista viene sempre identificato, un marchio indelebile che lo condanna ad una vita di emarginazione e solitudine fin da bambino: Bastian è da sempre destinato ad essere “il figlio del boia” e lo stato delle cose appare immutabile. Il suo percorso di “diverso” lo condanna a vivere nell’ombra, ma una serie di eventi incredibili lo porteranno a lottare contro un destino che sembrava già scritto e che riservava in realtà molte sorprese inaspettate. Una storia di riscatto e di speranza, condita da un linguaggio scorrevole e colloquiale, come se fosse narrata da un amico.

La struttura del romanzo si articola in quattro parti: inizialmente viene presentato un Bastian bambino che racconta la sua infanzia, dalla vita a scuola in cui era oggetto di scherno da parte dei compagni, alla vita in famiglia segnata dal complicato rapporto con il padre e dalla fragilità della madre.

La seconda parte ci trasporta in avanti nel tempo di dieci anni: conosciamo così un Bastian adolescente, con tutte le pulsioni tipiche dei ventenni, accompagnate dalla nascita di un grande amore che dona nuove speranze. La terza porta avanti la narrazione di altri dieci anni: il protagonista ha ormai raggiunto l’età adulta e si è rassegnato a fare del boia il suo mestiere. Il finale del libro è una parte a sé stante, distanziata di sei mesi dalle ultime vicissitudini, e si chiude con un epilogo inatteso.

Questo ciclo di vita ci viene raccontato in tutte le sue parti da Bastian, attraverso un unico tempo presente che porta il lettore a seguirlo, passo dopo passo, con crescente partecipazione emotiva. I personaggi che circondano il protagonista si distinguono nettamente tra loro e influenzano in modo decisivo la trama del romanzo. I primi che ci vengono presentati sono i compagni di classe come Stephane, pastore, che costituisce una sorta di “amicizia mancata”. A peggiorare la situazione, resa già complicata dal mestiere del padre, è Juan: giovane teppista di origine spagnola, che nutre un odio particolare per Bastian perché alcuni suoi parenti sono stati giustiziati. Il rapporto antagonistico tra i due evolverà nel tempo e, paradossalmente, risulterà più volte utile a Bastian nel reperire notizie dolorose, ma necessarie.

Fondamentale è poi naturalmente la famiglia Vailant, costituita da Clément Vailant e Rosa Picone, due personaggi opposti accomunati da un unico destino di solitudine: il padre, silenzioso e ombroso, parla poco con il figlio che non ne comprende le decisioni e cova per lui un tacito odio. In paese gode di «una forma di rispetto molto simile al terrore», tutti lo salutano, ma nessuno si ferma a parlare con lui o instaura un rapporto di amicizia. La madre dalle origine italiane, al contrario, è una donna vivace e riempie il figlio di attenzioni e premure, ma tra loro vige un patto silenzioso: Bastian, infatti, per non farla soffrire, è costretto a mentire e a nasconderle tutte le umiliazioni che subisce a causa del mestiere del padre. Si crea così una «ragnatela di finzione e menzogne» perché «per lei la verità è troppo dura e non vuole affrontarla»: un evento traumatico porterà poi entrambi a dover fare i conti con la dura realtà che li circonda e Bastian scoprirà finalmente cosa nascondeva il rapporto tra i suoi genitori.

Infine due grandi personaggi femminili influenzeranno in modo decisivo la trama del romanzo: Lavinie e Genevie. Entrambe sono considerate delle “diverse” dalla società, proprio come Bastian: l’incontro con Lavinie avviene, infatti, alla Maison Mimì, una casa di appuntamenti in cui Bastian adolescente viene condotto dal padre. Lavinie non sarà per lui solo una prostituta, ma tra i due si verrà a creare un solido legame di amicizia destinato a durare nel tempo, fino ad una vicenda incredibile che cambierà il loro destino. Genevie, al contrario, sarà l’anima gemella di Bastian e lo porterà a vivere una nuova vita, piena di progetti e speranze. Questa felicità, però, non è destinata a durare: lei è infatti una zingara, la sua vita è un viaggio senza fine e i genitori non accettano che sposi qualcuno che non sia uno di loro. L’amore dei due giovani si scontrerà quindi con la realtà di appartenere a due mondi differenti e, attraverso diversi colpi di scena, li condurrà verso un finale sorprendente.

Il figlio del boia coinvolge emotivamente il lettore e, attraverso il racconto in prima persona, lo porta a vivere gli stessi sentimenti di Bastian: la tristezza, la rabbia, la speranza e la voglia di riscattarsi. Il filo portante della storia è costituito dalla vita della famiglia Vailant in cui «nessuno è mai morto per vecchiaia e malattia»: il nonno di Bastian, ad esempio, è stato assalito dal parente di un giustiziato, che gli ha tagliato la gola. E allora quale sarà il destino di Bastian?

Katia Brentani ci guida in modo originale all’interno di un passato che appare nuovo e sconosciuto, in cui alla morte e alla solitudine si intrecciano l’amicizia e l’amore più profondo: un romanzo che scardina i pregiudizi, dando voce al coraggio di chi non si arrende; una storia di vita rosicata fino all’osso, che vuole essere un invito a restare umani perché è proprio «la diversità che ci rende unici e speciali».

Martina Monti

(www.excursus.org, anno VII, n. 70, maggio 2015)