Comprendere il pensiero di Gramsci partendo dai suoi scritti


di GAETANINA SICARI RUFFO – Se c’è un dilemma culturale che nel nostro tempo si trascina a più riprese, senza mai essere risolto, è quello gramsciano. Esso è divenuto motivo talvolta di discussione accesa tra progressisti della prima ora e moderati dell’ultima, cioè a dire tra quanti vedono la linea di condotta del politico e pensatore sardo assorbita esclusivamente dall’ideologia comunista, ed altri attenti ad osservare, invece, come in essa ci sia una frattura tra prima e dopo il suo processo, con le conseguenze d’una incrinatura della sua prima fede politica marxistica ed una sua conseguente evoluzione in senso più liberale e laico. Gramsci

I Quaderni del Carcere

Da qui l’iniziativa di scandagliare le sue opere, i Quaderni del carcere e le Lettere, per accertarsi della veridicità della sua coerenza. L’interesse del pubblico è molto alto, perché Gramsci resta il testimone privilegiato di una coscienza libera e schietta di un passato recente. Egli non si è mai tirato indietro per nascondersi o mimetizzarsi, cosa che a suo tempo hanno fatto molti protagonisti della cosa pubblica. Si è difeso coraggiosamente ed ha pagato per colpe non sue. Ha lasciato un grande patrimonio di scrittura che ora tutti, amici e nemici, gli riconoscono autentico e straordinario come espressione di grande libertà e lucidità d’animo e di profonda conoscenza storico-politica del Novecento. Egli è stato una vittima del sistema contorto del rapporto tra le ideologie del tempo – comunismo e fascismo – e dei contrasti tra gli stati – Urss e Italia. Ancora continua ad esserlo.

Sarebbe meglio per tutti liberarsi degli schemi prefissati e farsi guidare dalle parole dei suoi scritti, che oggi si ripubblicano in ossequio ad una attenta filologia della parola ed alla luce dei fatti che lo videro coinvolto. L’Unione Sarda, quotidiano fondato 120 anni fa, e l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana hanno già messo a punto l’edizione anastatica deiQuaderni del carcere e di tre Quaderni di traduzioni ma molto altro lavoro ancora resta da fare perché i Quaderni non sono scritti in modo lineare ed ordinato cronologicamente, ma in forma di appunti che avrebbero dovuto poi essere ripresi e sviluppati.

In carcere non era consentito al prigioniero l’uso libero della carta, ma solo due quaderni per volta: succedeva così che Gramsci cominciava a scrivere in più punti dello stesso quaderno, secondo i temi che voleva trattare, e poi li riprendeva e creava accostamenti, magari in un altro quaderno, per cui è necessario collegarli e raccordarli. Aveva creato anche un gruppo di Quaderni speciali in cui far rifluire le tematiche più importanti in forma più matura.

Ma ecco, a lavoro di riordino non ancora completo, scoppiare il dilemma sul numero complessivo dei quaderni, salvati dopo la sua morte, nel 1937, dalla cognata Tania Schucht, a lui vicina, inviati in Russia e poi consegnati a Togliatti. Questi, nel famoso discorso del 29 aprile 1944 al S. Carlo di Napoli, parlò di 34 quaderni e promise la loro pubblicazione. Ora si discute di un quaderno mancante che, secondo alcuni commentatori prevenuti, sarebbe stato fatto sparire ad arte, perché contenente dichiarazioni controverse alla ideologia marxista. Franco Lo Piparo, professore di Filosofia del linguaggio all’Università di Palermo, ha riaperto la questione con il saggio L’enigma del quaderno. La caccia ai manoscritti dopo la morte di Gramsci (Donzelli).

Secondo Luciano Canfora, filologo marxista e storico molto attento, non è affatto vero che ne manchi uno, in quanto il 34° quaderno esiste e contiene la filosofia di Benedetto Croce. È un quaderno che non era insieme agli altri 33, mandati in Russia da Katia, contrassegnati da un numero progressivo provvisorio, ma che era in possesso di Gramsci senza etichetta, il primo quaderno edito nel 1948 (Cfr. Corriere della Sera, 24 maggio 2013). L’assenza di ogni etichetta fu dichiarata subito da Felice Platone («Rinascita», aprile 1946) e da Valentino Gerratana (Quaderni del carcere, Einaudi).

Recentemente il noto studioso barese, in occasione della proiezione all’Auditorium di via Caetani a Roma de Le pietre di Gramsci, documentario di David Riondino su una rivisitazione, al Testaccio, del sepolcro acattolico dello scrittore sardo ha lanciato un appello perché i Quaderni e le Lettere, data la precarietà della loro sistemazione attuale, siano custoditi dall’Istituto per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma che ha già dato prova di grande validità.

Gaetanina Sicari Ruffo

(www.excursus.org, anno VI, n. 63, ottobre 2014)